Yuri Ancarani: lapidi incatenate e riti vudù

Fino al 6 marzo, la Triennale di Milano presenta una mostra interessante curata da Vincenzo de Bellis che si intitola Ennesima – Una mostra di sette mostre sull’arte italiana. Vale la pena andare a dare un’occhiata, perché mi è parsa una mostra intelligente e, con un po’ di pazienza, si possono anche imparare delle cose.

Ma qui è di un’altra cosa di cui vorrei parlare, e cioè di un’opera di Yuri Ancarani, un videoartista di Ravenna, classe 1972, esposta nell’ultima sezione della mostra. Titolo: Baron Samedi (2015).

È un’opera di grande poesia. Due video HD uno sopra l’altro mostrano immagini girate nel cimitero in rovina di Port au Prince, ad Haiti. Popolato soltanto da capre selvatiche, colpisce per le lapidi incatenate per paura della profanazione dei praticanti di riti vudù e per il timore che i morti possano uscire a mo’ di zombie.

Molti temi si intrecciano: la morte, la superstizione, le rovine di un cimitero in un Paese che è una rovina di per sé. Ma la cosa che impressiona di più è quella di Ancarani di creare un ritmo visivo e cromatico che accarezza quel groviglio tematico di cui sopra.

Ancarani si conferma un artista di spessore, dopo che aveva colpito nel segno alla Biennale del 2013, chiamato da Massimiliano Gioni, dove ha portato l’opera Da Vinci (ne parlava qui). Yuri Ancarari, Baron Samedi, 2015 Triennale Yuri Ancarari, Baron Samedi, 2015 Triennale Yuri Ancarari, Baron Samedi, 2015 Triennale Yuri Ancarari, Baron Samedi, 2015 Triennale