NO NAME DÀ I NUMERI (2009-2010)

Ecco a voi il pagellone di un anno molto intenso.

anish kapoor shooting the cornerAnish Kapoor, Londra
10
mozzafiato

Damien Hirst - Blue Paintings - Wallace Collection

Damien Hirst, No Love Lost, Blue Paintings, Londra
Senza voto
troppo presto per dire

Maurizio Cattelan INRI

Pop Life – Art in a material world, Londra
6,5
giocosa, a tratti tragica

John Baldessari - Pure Beuty

John Baldessari, Pure Beauty, Londra
7
intellettuale

Robert Mapplethorpe

Robert Mapplethorpe, La perfezione nella forma Lugano
6+
elegante

Gabriele Basilico - Mosca Vertical

Gabriele Basilico, Milano ritratti di fabbriche & Mosca verticale, Milano
9
magistrale

yayoi kusama

Yayoi Kusama, I wanti to live forever, Milano
7-
caleidoscopica
(ma “Aftermath of Obliteration of Eternit” vale 9+)

edward hopper

Edward Hopper, Milano
5,5
al ribasso

Roy Lichetenstein the girl with tear 1977

Roy Lichtenstein, Meditation on art,  Milano
7-
intelligente

Immerdorf Late Paintings
Jörg Immendorf, Late Paintings, Milano,
7
potente

Damien Hirst - After The Flood
Damien Hirst, Cornucopia
, Montecarlo
8+
hirsteide

Christiane Löhr - Dividere il vuoto

Christiane Löhr, Dividere il vuoto,  Varese
7,5
leggerissima

Gabriele Basilico - Istanbul

Gabriele Basilico, Istanbul 05.010, Milano
8,5
rigorosa

PS: come al solito voti molto alti. Un po’ perché sono generoso, un po’ perché scelgo bene. Forse uno dei prossimi post lo faccio sulle mostre che avrei voluto vedere e che non sono riuscito a vedere e un altro su quelle che non ho visto perché non le ho volute vedere.

PS2: E Cattelan a Palazzo Reale?  Boh, quella inaugura venerdì, magari la aggiungo.

NB: la stagione la faccio iniziare con il Frieze di Londra.

LA ISTANBUL DI BASILICO – L’ESATTEZZA DELLO SGUARDO

Viceversa, il grande fotografo milanese rimane fedele al proprio sguardo esatto, in cui il senso del mistero non si scosta mai da un’adesione tutta illuminista alla realtà delle cose. Come il narratore di talento sa cavare il fascino delle sue storie dalla scrupolosa messa in fila degli eventi, senza nulla concedere alle facili evocazioni d’atmosfera, così Gabriele Basilico usa la propria formidabile esperienza e tecnica per tenere lontani i fantasmi del preconcetto (quale che sia, è sempre il lavoro duro e serio a snidarlo, a dissiparlo), lasciando che la complessità delle cose si trasformi in esattezza di sguardo.

Luca Doninelli, dal catalogo della mostra “Istanbul 05010″ alla Fondazione delle Stelline di Milano, dal 16 settembre al 12 dicembre 2010

GABRIELE BASILICO E IL VENTO DI MILANO

“Per essere ancora più precisi, il progetto inizia esattamente nel weekend di Pasqua del 1978. (…) La città era semideserta e un vento straordinariamente energico aveva ripulito l’orizzonte: era una giornata di luminosità eccezionale, uno di quei rari giorni che stupiscono i milanesi perché “si vedono così bene le montagne che sembra di poterle toccare con la mano”. Il vento, quasi assecondando una tradizione letteraria, sollevava la polvere, metteva agitazione nelle strade, puliva gli spazi fermi, ridonando plasticità agli edifici, rendendo più profonde le prospettive delle strade in una sorta di maquillage atmosferico che permetteva alla luce di proiettare con vigore e nettezza le ombre degli edifici.
Per la prima volta ho “visto” le strade e, con loro, le facciate delle fabbriche stagliarsi nitide, nette e isolate su un cielo inaspettatamente blu intenso, grazie al quale la visione consueta delle forme diventava improvvisamente inusuale. Ho potuto vedere così, come se non l’avessi mai visto prima, un lembo di città senza il movimento perpetuo quotidiano, senza le auto in sosta, senza persone, senza suoni e rumori. Ho visto l’architettura riproporsi nella sua essenza, filtrata dalla luce, in modo sorprendentemente scenografico e monumentale”.

Gabriele Basilico, “Architetture, città, visioni – Riflessioni sulla fotografia”, Bruno Mondadori, 2007, pag. 24.

LA GIUSTA DISTANZA

“La mia strada è: non stare troppo vicino, troppo addosso alle cose altrimenti la protagonista non è più la realtà, ma il dettaglio; non stare troppo lontano perché l’immagine perde forza. Quando lavoro mi sembra di essere un rabdomante alla ricerca del punto giusto dove fermarmi e guardare le cose da lì. Non mi importa di fare una delle 100 foto che mi colpiscono di più, il mio è uno stile narrativo. La distanza è la metafora del rapporto con la realtà, bisogna saper guardare il lontano, sfiorare lo stordimento, identificare il luogo in cui immergi il tuo tempo”.
Gabriele Basilico sul Corriere di ieri