Ho visto “Manifesto”, il film di Julian Rosenfeld con Cate Blanchet e mi è piaciuto moltissimo. Si tratta di una versione “in linea” dell’istallazione realizzata dall’artista tedesco nel 2015. Rosenfeld si immagina tredici situazioni nelle quali la grande attrice recita i testi di 54 manifesti artistici scritti tra il 1848 e il 2002. C’è davvero di tutto: da Karl Marx a Lucio Fontana, da Marinetti a Jim Jarmush, passando per Apollinaire, Kandinsky, Breton e Sol LeWitt. Le situazioni non hanno nessun nesso con i testi che vengono recitati. L’effetto è straniante.
La qualità delle immagini è indiscutibile e di grande fascino. Cate Blanchet è bravissima.
Di questo film mi colpisce da una parte il grandissimo lavoro di conoscenza che ha alle spalle (qui potete vedere chi sono gli autori e i testi che vengono utilizzati), dall’altra quando sia in grado di offrire conoscenza. Nel lungo secolo delle ideologie anche l’arte è stata investita dalla ubriacatura delle idee. Tantissimi artisti hanno creduto di poter dichiarare in anticipo le proprie intenzioni o dettare le proprie regole all’arte. È stato un atteggiamento che, a posteriori, appare tanto naif quanto violento, ma che non ha impedito a tanti di loro di fare grandi opere. È una riconferma di quanto l’arte visiti chi vuole quando vuole.
Quanta retorica. Quanta voglia di distruggere. Quanto desiderio di portare l’arte nel campo del “non senso”.
Eppure l’arte ha resistito. Anzi, ha utilizzato di questa furia per nutrirsi e viaggiare per le sue strade.
Dall’altra parte mi colpisce la qualità letteraria di alcuni di questi testi. Prendete le parole di “A Stident Prescription” (1921) di Manuel Maples Arce (personaggio a me sconosciuto, ammetto), pronunciate dalla Blanchet nei panni di una cantante punk:
«In my glorious isolation, I am illuminated by the marvelous incandescence of my electrically charged nerves»
C’è qualcosa di molto affascinante in questa operazione. Rigorosa, elegante, spiazzante. Mi sembra ci insegni quanto poco, in arte, le dichiarazioni di intenti siano da prendere sul serio, ma anche che le idee contino tanto quanto il talento (a volte il talento si esprime attraverso le idee).
Furbo Julian Rosenfeld a utilizzare Cate Blanchet come traghetto verso il grande pubblico. Brava la Blanchet a prestarsi per un’opera così intelligente.