Sono stato a Palazzo Reale a vedere Andy Warhol. La mostra è molto bella per diversi motivi. Il primo è che è una mostra in cui si impara. Si impara che Warhol non è un artista né improvvisato né superficiale. Il secondo motivo, e sta alla base del primo, è che a Palazzo Reale è stata portata la collezione della Brant Foundation: una raccolta di pezzi scelti sapientemente e con gusto.
Che Warhol non sia un artista improvvisato di capisce subito, nella prima sala, dove vengono esposte le opere degli anni Cinquanta. Disegni, acquarelli e opere su carta (e qualche altra cosa che andrebbe sotto la definizione di “arte applicata”. La mano di Andy è sicura e raffinata. Il tratto è continuo e non ha ripensamenti. Chi ha visto il meraviglioso stand della galleria Daniel Blau quest’anno ad Art Basel sa di cosa sto parlando (vedi qui, qui e qui).
L’aura di spensieratezza che pervade la prima sala si perde ben presto e lascia il posto a un senso di inattesa inquietudine (me l’ha fatto notare Petra, ed è vero). Dietro l’ostentato vitalismo un po’ cazzone che Warhol coltivava alla Factory e smerciava nelle interviste e nelle serate mondane, c’è un dramma mica da ridere. Marilyn appena morta (in mostra ce n’è una perforata da un proiettile), Liz Taylor dopo la malattia, i car crash, i teschi… Fino alle feroci pennellate degli anni settanta sulle serigrafie di Mao o al grande autoritratto rosso dell’ultimo periodo (di questa serie ha parlato qui robe da chiodi).
L’ultima sala, poi, è un colpo al cuore. Quell’immensa tela che rifà l’ultima cena di Leonardo è un trionfo. Torna fuori la mano del disegnatore: il tratto è ininterrotto, divertito e senza paura. È l’ultima cena di Cristo ed è l’ultima cena di Andy al banchetto dell’arte. Quei due Cristi fosforescenti, prima di uscire, emanano una luce notturna. La felicità delle due natività della prima sala, con Gesù bambino che gioca con i gatti, lascia spazio a un’inquietudine premonitrice. È l’in exitu vibrante per una mostra difficile da dimenticare.
Le immagini qui sotto sono tratte dal sito della Brant Foundation.