GIOVANNI FRANGI CONCEDE IL BIS: LA RÈGLE DU JEU

GIOVANNI FRANGI CONCEDE IL BIS: LA RÈGLE DU JEU ATTO SECONDO, 2011GIOVANNI FRANGI CONCEDE IL BIS: LA RÈGLE DU JEU ATTO SECONDO, 2011Inaugura oggi la mostra di Giovanni al Museo Diocesano di Milano. Ecco le prime foto. Non ho avuto la fortuna di vedere dal vivo “il primo atto” de “La règle du jeu” l’anno scorso al Teatro India a Roma (qui le foto di Ale), ma questo bis milanese mi sembra conservi il fascino dell’originale e, anzi, lo arricchisca con queste due grandi tele verticali che chiudono il lungo corridoio.

Inaugurare una mostra di pittura a due giorni dalla morte di Cy Twombly non è facile. È una sfida nella sfida.

La cosa che mi convince di più è che qui è  proprio la pittura a costituire l’argomento più persuasivo. Non c’è un discorso esterno da servire. Ma è dentro il quadro che avviene qualcosa. E poi: la forza della mostra è certamente quella di essere un ciclo, ma a questo si aggiunge che ciascun pezzo potrebbe comunque vivere di vita propria. A me non pare scontato.

FRANGI E AGOSTI NEL MARE DI SAL LUPO

Sono giornate lunghissime queste di luglio e in macchina, tornando a Milano e parlano in continuazione, si vede il cielo che cambia colore e qualche volta ci fa tacere: all’altezza di Sasso Marconi o prima del Fini o, quando è già quasi blu, mentre si passa il Po. I quadri con i cieli dovranno essere esposti non appesi alle pareti ma applicati ai soffitti, questa zona dello spazio abitato trascurata dall’arte del Novecento (fa lui: “ma non da Fontana”). Sistemati così, li si potrà vedere da tutti i lati : saranno più belli se li si guarda da sdraiati per terra. Spero che qualcuno di questi cieli sarà anche viola, “il colore dei campioni e delle soubrette”.

da Giovanni Agosti, “Giovanni Frangi alle prese con la natura”, Feltrinelli, 2008
Bergamo, 19 febbraio 2009. Giovanni Agosti e Giovanni Frangi nell’ex Oratorio di San Lupo per l’istallazione MT2425. Della mostra (meglio del catalogo) ho già parlato qui.

GIOVANNI FRANGI – MT2425

Ho tra le mani il bellissimo catalogo dell’istallazione di Giovanni Frangi all’ex oratorio di San Lupo a Bergamo. Non sono ancora andato a vedere l’opera dal vivo, ma c’è un momento di quel catalogo, verso la fine, che è come un tuffo al cuore. Quando dagli argenti magmatici della “terra” del pavimento di San Lupo si passa al bianco e nero di una fotografia della schiuma del mare. Ho provato lo stesso tuffo che provo ogni volta che rivedo i titoli di coda del film “Lo scafandro e la farfalla” di Julian Schnabel. Quegli iceberg che si ricompongono al rallentatore (un omaggio a Bill Viola?) come chiusa dell’epica e lirica vicenda di Jean Dominique Bauby restano, nella mia memoria, come l’immagine più convincente di una vita riuscita. Dove il tempo, cioè, non gioca contro, ma gioca a favore. Il contrario di quel che accade solitamente. Un ricomporsi dei pezzi che perdiamo, delle ferite, del dolore, dell’incapacità di amare. Penso che questo continuo moto di ricomposizione sia riconoscibile anche nel cielo leggero e nella terra magmatica dell’opera di Frangi. È come se venissero riproposti i fotogrammi di quel flusso al contrario che è la ricomposizione degli iceberg di Schnabel/Bauby. Sembra che Frangi sia riuscito a fermare sulla tela quel flusso lasciandone intatta la direzione, il senso di movimento verso l’origine/destino.
Detto fra noi: non vedo l’ora di alzare lo sguardo verso il cielo di San Lupo e tuffare gli occhi in quel mare di ghiaccio.

ROBE DA CHIODI

C’ho messo qualche mese ma alla fine l’ho scoperto: Giuseppe Frangi ha un blog. Perché un critico d’arte prestato al giornalismo fa un blog? “Perché penso che la storia dell’arte liberi la testa, perché è stupido vedere 150 mostre all’anno senza lasciare una traccia di pensiero, perché capisco Randy Sam che il 21 agosto 2007 ad Avignone baciò un quadro di Cy Twombly, lasciando il segno delle labbra sulla tela”.
Semplice, no?
Non perdetevi, quindi, Robe da chiodi