NELLA PANCIA DEL LEVIATANO DI KAPOOR AL GRAND PALAIS

Leviathan, Anish Kapoor, Grand Palais, Paris, 2011

Leviathan, Anish Kapoor, Grand Palais, Paris, 2011

Leviathan, Anish Kapoor, Grand Palais, Paris, 2011

Leviathan, Anish Kapoor, Grand Palais, Paris, 2011

Leviathan, Anish Kapoor, Grand Palais, Paris, 2011

Come Giona, Pinocchio o il capitano Achab? Che cos’è questo gigantesto mostro che Anish Kapoor ha imprigionato dentro la gabbia del Grand Palais? È il provvidenziale pesce biblico, la simpatica balena di Collodi o il feroce capodoglio di Melville? È lecito chiederselo, anche se la risposta non è necessaria per addentrarsi nel fascino di questa opera riuscitissima. “Leviathan” di Kapoor è un’apparizione misteriosa e travolgente. È lì innanzitutto: grande e enigmatico. Come molte cose che della vita non ci spieghiamo e eppure ci sono e la ingombrano e sembrano sovrastare i confini dell’esistenza. Certe paure, certe bellezze, certe insensatezze o amori travolgenti.

Non è la sua prima opera a carattere epico, anche se forse si tratta della più grande con i suoi 33metri di altezza e i 100x72metri di ampiezza. Ma più delle dimensioni colpisce, e questa secondo me è una cifra decisiva dello stile di K., la sproporzione dell’opera rispetto al suo contenitore. Qui il Grand Palais appare in tutta la sua piccolezza (!!), sembra volersi far più largo per il disagio che gli procura questa ingombrante presenza. A temperare l’aggressività del tutto è forse l’eleganza cromatica soprattutto dell’esterno (l’interno è un vero e proprio rosso sangue) dove il color melanzana si abbina benissimo, anche se in modo acrobatico, al verde salvia della struttura e il giallo delle ringhiera del Gran Palais.

Due parole invece sulle due esposizioni kapooriane a Milano. Quella della Rotonda della Besana è bellissima e la Rotonda ci mette molto del suo. “My Red Homeland” è inquietante come tutti i lavori in cera rossa, mentre gli specchi sono di una perfezione che fanno chiudere un occhio sulla deriva ludica che potrebbero prendere. Ma la visita a Parigi mi ha fatto capire tutti i limiti, invece, di “Dirty Corner” alla Fabbrica del Vapore. Innanzitutto va detto che “Dirty Corner” è il progetto che in un primo momento Kapoor voleva realizzare per Parigi. Ma era evidente che non avrebbe funzionato. Il problema è che non funziona neanche a Milano perché non riesce ad entrare in rapporto con lo spazio nel quale è collocato. Non c’è quel senso claustrofobico che suscita un’opera che se fosse stata un pochino più grande avrebbe sfondato pareti e soffitto. Il gioco della camminata al buio (coinvolgente, ma già visto alla Turbin Hall della Tate con l’opera di Miroslaw Balka nel 2009) non giustifica un investimento di forze di questo genere.

L’ultima cosa è: ha ragione o no Francesca Bonazzoli che sul Corriere scriveva che Anish Kapoor è l’artista dell’establishment, molto spettacolare e per nulla scomodo? Per nulla scomodo non direi, la cera rossa non è innocua: è un’immagine lacerante. Da establishment? Beh, questo forse sì. Ma è come rimproverare a Kapoor di essere un artista di successo.

INAUGURATE PURE LA BIENNALE. TANTO IO ME NE VADO A PARIGI

Carré d’agneau, ratatouille, pomme frites e una birretta chiara. Ottimo. Per il resto il menù della gita di sabato scorso a Parigi con Davide e la Ficcanaso è stato: “Rembrandt et la figure du Christ” al Louvre, “Manet, inventeur du Moderne” al Musée d’Orsay e “Leviathan” di Anish Kapoor al Grand Palais.
Per ora pubblico qualche scatto. Nei prossimi giorni prometto che scriverò un post per ciascuna mostra.




Leviathan, Anish Kapoor, Grand Palais, Paris, 2011
Leviathan, Anish Kapoor, Grand Palais, Paris, 2011

ANISH KAPOOR AL GRAND PALAIS DI PARIGI (E POI A MILANO)

Anish Kapoor, Grand Palais, Parigi 2011 - Milano, rotonda della besana, fabbrica del vapore

Tra l’11 maggio e il 23 giugno Anish Kapoor si approprierà del Grand Palais di Parigi. Il battage mediatico è iniziato tanto per creare ancor più attesa di quella che di per sé ci sarebbe già. Non si sa ancora che cosa realizzerà, si sa però che sarà molto grande. Il sito dedicato all’istallazione è molto ricco. Io vi segnalo questi spezzoni di intervista. Qui riporto la parte più significativa.

“I think there is no such thing as an innocent viewer. All viewing, all looking comes with complications, comes with previous histories, a more or less real past. Abstract art and sculpture in particular, has to deal with this idea that the viewer comes with his body, and of course memory. Memory and body come together in the act of looking. I’m really interested in what happens to meaning in that process: as memory and body walk through, take the passage through any given work, something happens, something changes.”

Dopo Parigi sarà la volta di Milano. In un primo momento si pensava che l’artista indiano portasse Sky Mirror (2006),  da piazzare da qualche parte in città, e Ascension (2003), che invece sarebbe stata collocata alla Rotonda della Besana. A questo sarebbe aggiunta una mostra antologica alla Fabbrica del Vapore.  A gennaio si è detto invece (lo ha scritto il Sole24ore) che Kapoor avrebbe realizzato un’opera permanente per la città di Milano. A quanto mi risulta il progetto sarà presentato il prossimo 25 maggio a ridosso dell’inaugurazione della Biennale di Venezia (con la quale ci sarà una collaborazione) e prevederà un’istallazione alla Rotonda della Besana (quasi certamente Ascension) e una nuova opera alla Fabbrica del Vapore che sarebbe già in fase di realizzazione in un cantiere navale da qualche parte nel mondo (il contratto è già stato firmato). Non ho ricevuto conferma sulla possibilità che quest’opera possa diventare permanente. Pare anche che si stia lavorando a una mostra di pezzi di Kapoor appartenenti a collezionisti italiani anche questa probabilmente alla Fabbrica del Vapore.

Mi sembra una buona cosa che si sia riusciti a convincere Kapoor a realizzare una nuova opera apposta per Milano. Probabilmente non avrà l’imponenza di quella di Parigi, ma almeno non ci si è limitati – cosa che capita troppo spesso a Milano – a portare opere (magari bellissime) ma già note.