LUIGI GHIRRI, IL LIBRO (DI SAGGI) CHE NESSUNO RIPUBBLICA

Luigi Ghirri, niente di antico sotto il sole

«La mia idea della fotografia, come inesauribile possibilità di espressione, ha cercato nella realtà dei mondi e dei modi di rappresentarli… La fotografia, al di là di tutte le spiegazioni critiche e intellettuali, al di là di tutti gli aspetti negativi che pure possiede, penso che sia un formidabile linguaggio visivo per poter incrementare questo desiderio di infinito che è in ognuno di noi»
(Luigi Ghirri, da intervista per Les Cahiers de la Photographie)

Nel 1997 la SEI ha pubblicato Niente di antico sotto il sole – Saggi e immagini per un’autobiografia uno spesso libro di saggi e interviste di Luigi Ghirri. Un libro fondamentale per comprendere quello che oggi è considerato il più importante fotografo italiano degli ultimi quarant’anni (Luca Beatrice ha descritto bene la sua riscoperta degli ultimi anni). A scorrere l’indice c’è davvero di che ingolosirsi. Cito solo qualche titolo della sessantina di saggi: Diaframma 11, 1/125, luce naturale (1970-1979); “∞” Infinito (1974); Re Mida nel vicolo cieco; Mondi senza fine. Su William Eggleston; Paesaggi senza cornice oltre la Casa Gialla; Le carezze fatte al mondo di Walker Evans; Sulla strada, dylaniati; Da Contarina a Prince; Casa, ponte, cancello… 

Qui la prima pagina del’indice e qui la seconda.

Trascrivo qui un brano dell’introduzione:

«Questo è per Ghirri, a partire da Daguerre, il compito della visione attraverso l’obbiettivo: ” ridare vita mediante la luce al mondo inanimato” e “dare al nostro sguardo sul mondo un altro sguardo successivo, per non dimenticarlo, per capirlo o, forse, solo per la gioia di rivederlo”. Scrittura della luce sono quindi davvero la fotografia e la sua storia, e al bianco assoluto di una luce lancinante eppure piena di consolazione, si aprono gli interni e i paesaggi diafani dell’ultimo periodo. Venerdì 14 febbraio 1992 Ghirri avrebbe dovuto prendere una decisione definitiva riguardo al libro della vita, un libro più volte ipotizzato e poi sempre decostruito per l’evidente impossibilità di contenere in un solo volume la complessità e la vastità del lavoro compiuto. La morte improvvisa giunta quel mattino, finzione suprema della realtà dell’apparire, non ha interrotto la sua opera, l’ha solo compiuta nella propria verità di opera aperta alla luce della Luce che, oltre la soglia dell’orizzonte, segna il nuovo inizio della realtà senza fine».

Vi consiglio di leggerlo. Ma c’è un unico problema: è introvabile. Strano, no? Possibile che a nessuno interessi ripubblicare un libro del genere?

C’ERA UNA VOLTA L’ARTE CONTEMPORANEA AL MEETING DI RIMINI

Meeting di Rimini, mostra di Francis Bacon, 1983
I quadri di Francis Bacon al Meeting di Rimini del 1983.

Si avvicina il Meeting di Rimini. Per curiosità mi sono andato a rivedere l’archivio delle passate edizioni. In particolare la sezione dedicata alle mostre. Mi ha molto colpito il numero di mostre dedicate all’arte contemporanea durante le prime edizioni della manifestazione ciellina. I nomi, poi, sono da pelle d’oca: Richard Long, Luigi Ghirri, Graham Sutherland, Francis BaconHenri Moore, James Turrell, Robert IrwinCarl Andre, Renato Guttuso… Tutti erano presenti con proprie opere. Molti nomi sono legati alla figura del Conte Panza. Altri a Giovanni Testori. Due figure completamente agli antipodi, eppure entrambi lì, al Meeting. Poi tanta fotografia di altissimo livello: chi in Italia conosceva Martin Parr? Chi aveva visto gli originali di Camera Work?

Una cosa è certa: allora il Meeting di Rimini era una sede espositiva di arte contemporanea di livello internazionale. Sarebbe bello ricominciasse ad esserlo.

Ecco l’elenco delle mostre di arte contemporanea e fotografia delle prime otto edizioni. Tanta roba.

1980

L’arte russa non ufficiale
a cura di Gleser Alexandre

Paesaggi interiori
mostra di Luigi Ghirri, Giovanni Chiaramonte, Piero Pozzi

La bellezza è piena di volti
mostra di Claudio Pastro

Personale di Vittorio Citterich

1981

Come un artista crea
foto di Elio Ciol su William Congdon

Il Cristo e le Crocifissioni
mostra di Graham Sutherland

Land art
mostra di Richard Long

1982

Il volto dell’uomo
a cura di Mario De Micheli

Arte come presenza
a cura di Mario Cappelletti, Mario De Micheli, Isa Ghianda, Stefano Peroni

La pittura come liturgia
mostra di Carmine Benincasa

1983

Il grido prima dell’orrore. Mostra di quadri di Francis Bacon
a cura di Giovanni Testori

Significati nel visibile
a cura di Giovanni Chiaramonte

L’arte concettuale: la scuola di New York
a cura di Giuseppe Panza

Il sacro nell’opera di Sassu
a cura di Giorgio Mascherpa

Henri Moore
a cura di Carmine Benincasa, Cleto Polcina

Spes contra spem. Opere di Renato Guttuso
a cura di Carmine Benincasa

1984

Action Painting
a cura di Fondazione Solomon Guggenheim

Carl Andre: Natura e razionalità
a cura di Giuseppe Panza

America addio: William Congdon pittore del mondo
a cura di Giuseppe Mazzariol

I due infiniti momenti della fotografia americana
a cura di Giovanni Chiaramonte

Documenti dell’arte americana dal 1950 al 1975
a cura di Giuseppe Panza

1985

Personale di George Segal
a cura di Daniel Berger

Via Crucis atomicae
mostra di Camilian Demetrescu

1986

Chagall monumentale
a cura di Sylvie Forestier, Brigitte Les Marq, Charles Les Marq

William Eugene Smith: Usate la verità come pregiudizio
a cura di John G. Morris

1987

Il Miserere di Georges Rouault

Il senso della spiritualità nell’arte di Guttuso

L’atelier Picasso
a cura di Charles Feld

Gaudì e il sacro
a cura di Maria Antonietta Crippa, Enrico Magistretti

Arte ambientale: James Turrell e Robert Irwin
a cura di Giuseppe Panza

Omaggio ad Andrej Tarkovskij
a cura di Nathan Fedorowskij

LUCIO DALLA NEGLI OCCHI DI LUIGI GHIRRILUCIO DALLA IN LUIGI GHIRRI’S EYES

Lucio Dalla Luigi Ghirri
Luigi Ghirri, New York, 1986

Lucio Dalla Luigi Ghirri
Luigi Ghirri, Lucio Dalla, 1987

Il modo di interpretare Dalla scelto da Ghirri, è agli antipodi da come si rappresenta di solito una Pop-Star (e da come Dalla ha scelto in seguito di rappresentarsi). Non c’è nulla di tronfio, di caricato, di eccessivo nelle foto di Ghirri. Niente sottolinea il “successo”, il “potere”, la “grandezza artistica”. Tutto è ironia lieve, tra sorriso e malinconia, sintesi felice, momento colto al volo, come nelle migliori canzoni di Dalla. Un modo di far trasparire oltre il personaggio, la musica. Il senso.

Gianfranco Manfredi in Luigi Ghirri – I luoghi della musica, Motta fotografia 1994

Lucio Dalla Luigi Ghirri
Luigi Ghirri, New York, 1986

Lucio Dalla Luigi Ghirri
Luigi Ghirri, Lucio Dalla, 1987

The way to interpret Lucio Dalla chose Ghirri, is the opposite from how it is usually aPop-Star (and later as John chose to represent himself). There is nothing pompous, heavy, in excess in Ghirri’s pictures. Nothing underlines the “success”,the “power”, the “artistic greatness”. Everything is slightly ironic, between smiles and sadness, happy synthesis, when caught on the fly, as in Dalla’s best songs. One way to shine over the character, the music. The meaning.

Gianfranco Manfredi in Luigi Ghirri – I luoghi della musica, Motta fotografia 1994

LA NEVE, LUIGI GHIRRI

Modena, 1985 – serie Architetture di Aldo Rossi, project print, 5.5 x 7 cm © Eredi di Luigi Ghirri Courtesy Fondo di Luigi Ghirri
Modena, 1985 – serie Architetture di Aldo Rossi, project print, 5.5 x 7 cm © Eredi di Luigi Ghirri, Courtesy Fondo di Luigi Ghirri

A Milano nevica. Rinuncio a esibirmi in immagini da Instagram scattate col mio pessimo iPhone e vi regalo questa. Sarà esposta dal 4 al febbraio all’11 marzo al Castello di Rivoli a Torino. La mostra, a cura di Elena Re, si intitola: LUIGI GHIRRI – Project Prints. Un’avventura del pensiero e dello sguardo.

 

TUTTI I FOTOGRAFI DI BICE

A questa Biennale di Venezia i fotografi non hanno dovuto fare salti mortali per interpretare il tema scelto da Bice Curiger, per il semplice motivo che si trovano per vocazione a manipolare la materia, la luce, che produce “Illuminazioni” nel senso più letterale (senza la N maiuscola). È come se giocassero in casa, insomma. La selezione fatta dalla curatrice svizzera non è stata per nulla scontata e quelli presenti al Padiglione centrale dei Giardini e all’Arsenale, pur non essendo i nomi più acclamati, sono fotografi importanti su cui val la pena soffermarsi. Di seguito propongo la mia personalissima classifica, con quale nota e/o promemoria.

1) JEAN-LUC MYLAYNE

Sarà perché ho appena finito di leggere “Freedom” di Jonathan Franzen, ma questo artista-birdwatcher non può che conquistare tutta la mia ammirazione. La sua ricerca sugli uccelli è completamente fuori moda, ma l’uso funambolico dello sfuocato e la raffinatezza della composizione suscitano come un fremito in chi presta un minimo di attenzione alle sei immagini scelte per l’Arsenale. Quel lampo di luce inattesa nella foto qui sopra è come se dettasse il senso a tutto il ciclo.

2) DAYANITA SINGH


Il suo “Dream Villa slide show” all’interno del parapadiglione di Franz West è una delle maggiori sorprese della Biennale. Questi bellissimi notturni a colori mostrano tutta la forza di una fotografa che ha costruito la sua carriera su un corpus in bianco e nero. Prima di entrare nella struttura di West, l’artista presenta un altro ciclo affascinante, “File Rooms”: immagini dal passato analogico nella super digitalizzata India. In “Dream Villa” la Singh ha il coraggio di prendere le distanze dalla retorica ritrattistica dei reportage sull’India e ci mostra il suo Paese così, senza persone, liberando tutta la poesia della solitudine di questi paesaggi urbani.

3) LUIGI GHIRRI


Dovrebbe essere al primo posto della classifica, ma ha il terribile svantaggio di non aver potuto scegliere lui le foto da portare alla Biennale. Voi direte: non ha senso parlare in questo modo nella Biennale che verrà ricordata come “quella di Tintoretto”. Già, però: guardate la stanza dedicata dalla Curiger a Sigmar Polke e poi andatevi a vedere quella allestita a Punta della Dogana. Qualcosa non torna. Sono convinto che se avessero chiesto a Polke quali quadri portare ai Giardini avrebbe scelto quelli indimenticabili di Pinault. Detto questo alcune delle foto di Ghirri sono da brivido. Vi propongo questa scusandomi di non riuscire a reperirne una versione più decente.

4) DAVID GOLBLATT


Le sue immagini sono ospiti del para-padiglione più riuscito, quello di Sosnowska. Sono presenti due “cicli”: uno di vedute dall’alto di luoghi di città sudafricane, l’altro di ritratti di criminali nei luoghi dove hanno commesso i deliti per i quali sono stati puniti. Devo dire che preferisco il primo al secondo: quel picnic nella periferia di Johannesburg è davvero un’immagine commovente (qui sopra).

5) ANNETTE KELM


C’è come una grazia, un ordine sottile che segna queste sue fotografie. Ma questo è tutto quello che so dire perché si tratta di un’artista troppo concettuale per una misera mente come la mia.

6) BIRDHEAD


Due giapponesi casinari. Non so se Araki sarebbe orgoglioso di loro.