AMMUTOLITI DAVANTI ALLA CHIMERA DI MARIO SCHIFANO

la Chimera - 1986
La Chimera, 1986 foto by Teocat

Quest’estate sotto l’ombrellone (si fa per dire) ho letto Mario Schifano – Una biografia di Luca Ronchi (Johan&Levi). Ne ha parlato da par suo Giovanni Frangi su ArtsLife. Io volevo proporvi qui uno di brani più belli del libro, quando l’ultima donna di Schifano, Monica de Bei, racconta della performance di Firenze dalla quale nacque La Chimera. Da questo racconto e dagli altri contenuti nel libro si capisce che all’inizio ci fu un gran casino (contestazioni, fischi, Renzo Colombo parla di lanci di monetine). Poi lo stupore. E il silenzio.

Monica de Bei – Nella primavera dell’85 fu chiamato dal regista Aldo Rostagno a inaugurare l’anno degli Etruschi a Firenze. Per l’evento aveva pensato di dipingere un grande quadro dal vivo, in pubblico in piazza dell’Annunciata, mentre Achille (Bonito Oliva, ndr) avrebbe commentato il work in progress come un cronista delle dirette televisive di ciclismo. Per gli amici facemmo stampare da Rinaldo Rossi una T-shirt con la scritta LIVE, come per un concerto! Aveva deciso di utilizzare l’immagine della Chimera di Arezzo, con il suo aspetto multiforme, rappresentante “il sommo dio etrusco, principio cangiante di ogni cosa”. Le dimensioni dell’opera erano fuori misura, quattro metri di altezza per dieci di lunghezza, composta da dieci tele due metri per due accostate l’una all’altra, quaranta metri quadri di pittura.

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La piazza era piena all’inverosimile, gli organizzatori dicevano che c’erano circa seimila persone, una cosa che intimidiva.
Mario salì su un palco quasi a misura del quadro, i fari proiettavano una luce abbagliante, la gente lo sfiorava allungando le braccia per poterlo toccare. Cominciò nel brusio generale a fare il colore del fondo su quell’enorme distesa di tele bianche sdraiate. Gli assistenti gli passavano i secchi pieni di vernice, i minuti scorrevano e Mario sempre più veloce si muoveva da una parte all’altra distribuendo rapide pennellate, posizionando e contornando le sagome. I ragazzi non riuscivano a stargli dietro, Achille cominciò la sua cronaca ma dovette sopportare di tutto perché aveva dei detrattori tra il pubblico. Quando finalmente alzarono le tele per far colare lo smalto la gente ammutolì, i fischi cessarono. Ci fu un’esternazione di meraviglia.
Davanti ai nostri occhi aveva preso vita un paesaggio con la linea dell’orizzonte molto bassa. Dal terreno le sagome grondanti delle chimere partivano in volo verso il blu profondo del cielo, capovolgendosi e volteggiando nell’aria verso il bianco accecante della luce al lato opposto, a dissolversi come sogni al mattino.
Non si sentiva volare una mosca. Poi portarono un trabatello o come si chiama quella specie di piattaforma sopraelevata, Mario ci salì sopra per finire il lavoro e cominciò rapito a dipingere con due mani contemporaneamente. Sì, con due pennelli insieme: sembrava un direttore d’orchestra. Da sotto si fecero avanti li amici, gli assistenti, per aiutarlo, ma lui li cacciò via e seguitò nella sua sinfonia mentre uno schermo gigante mandava la sua immagine. Lo guardavo e pensavo che c’era riuscito, aveva realizzato un’opera emozionante come la sua esecuzione, uno spettacolo a cui tante volte avevo assistito da sola.

 

Di quella serata fu girato un video prodotto da Ettore Rosboch. Ma il filmato è andato perso. Restano le fotografie scattate da Marcello Gianvenuti pubblicate dall’editore Mastrogiacomo.

Mario Schifano, 1985 Firenze, Piazza dell’Annunziata (copyright Marcello Gianvenuti)
Mario Schifano, Piazza dell’Annunziata, Firenze, 1985 © Marcello Gianvenuti