JENNY SAVILLE, LA PITTURA SI È MESSA A DIETA

Jenny Saville, Oxyrhynchus, 2014. Kunsthaus Zurich Egon Schiele - Jenny Saville
Jenny Saville, Oxyrhynchus, 2014.

Sono stato al Kunsthaus di Zurigo a vedere la mostra Egon Schiele – Jenny Saville. Sono un fan di entrambi i pittori ma, ammetto, ci sono andato più per la seconda che per il primo.
La mostra accosta i due artisti per un confronto che ha ragion d’essere solo fino a un certo punto. A me piuttosto interessava vedere da che parte stesse andando la Saville. Di venti sue opere esposte (di Schiele sono molte di più), quelle dell’ultimissimo periodo sono tre quadri e un disegno (esposte quest’estate da Gagosian a Londra).

Quando vinse il prestigiosissimo Flower Prize nel 2012, la giuria parlò di una pittura dotta, ma non ingessata nell’accademismo. Ora, a me pare, che questo corpo a corpo con i mostri sacri della storia dell’arte stia avanzando cronologicamente e la ricerca sulla figura umana resti tale mettendo tra parentesi l’aspetto più descrittivo. È come se fosse aumentata la velocità del movimento descritto e sulla tela restino brani di corpi e linee come quelle delle luci delle auto fotografate di notte.

È un po’ un dipingere “col camice bianco”. Una pittura di laboratorio. Non nel senso di un distacco emotivo, ma di una serietà intellettuale. Forse è un pittura “pensosa”. Non che vent’anni fa l’opera della Saville non lo fosse. Ma il rovello intellettuale si nascondeva meglio dietro le masse di carne delle donne sovrappeso. È come se la sua pittura (come del resto lei stessa) si fosse messa a dieta e oggi possa mostrare, in abiti più succinti, la propria colonna vertebrale. Certo, l’episodio in cui questa forza di pensiero si incrocia con la propria biografia, rende le opere sulla maternità il punto più alto, finora, della pittrice di Oxford. Forse questo lo sa anche lei.

La mostra vale certamente il viaggio a Zurigo e, già che ci siete, passate anche dalla Fondazione Beyeler a Basilea. Lì aspettarvi c’è il Courbet che non troverete nei musei di Parigi (a parte L’origine du monde, che invece dà bella mostra di sé lontano dal D’Orsey).

Jenny Saville, Oxyrhynchus, 2014. Kunsthaus Zurich Egon Schiele - Jenny Saville