INAUGURATE PURE LA BIENNALE. TANTO IO ME NE VADO A PARIGI

Carré d’agneau, ratatouille, pomme frites e una birretta chiara. Ottimo. Per il resto il menù della gita di sabato scorso a Parigi con Davide e la Ficcanaso è stato: “Rembrandt et la figure du Christ” al Louvre, “Manet, inventeur du Moderne” al Musée d’Orsay e “Leviathan” di Anish Kapoor al Grand Palais.
Per ora pubblico qualche scatto. Nei prossimi giorni prometto che scriverò un post per ciascuna mostra.




Leviathan, Anish Kapoor, Grand Palais, Paris, 2011
Leviathan, Anish Kapoor, Grand Palais, Paris, 2011

ANISH KAPOOR AL GRAND PALAIS DI PARIGI (E POI A MILANO)

Anish Kapoor, Grand Palais, Parigi 2011 - Milano, rotonda della besana, fabbrica del vapore

Tra l’11 maggio e il 23 giugno Anish Kapoor si approprierà del Grand Palais di Parigi. Il battage mediatico è iniziato tanto per creare ancor più attesa di quella che di per sé ci sarebbe già. Non si sa ancora che cosa realizzerà, si sa però che sarà molto grande. Il sito dedicato all’istallazione è molto ricco. Io vi segnalo questi spezzoni di intervista. Qui riporto la parte più significativa.

“I think there is no such thing as an innocent viewer. All viewing, all looking comes with complications, comes with previous histories, a more or less real past. Abstract art and sculpture in particular, has to deal with this idea that the viewer comes with his body, and of course memory. Memory and body come together in the act of looking. I’m really interested in what happens to meaning in that process: as memory and body walk through, take the passage through any given work, something happens, something changes.”

Dopo Parigi sarà la volta di Milano. In un primo momento si pensava che l’artista indiano portasse Sky Mirror (2006),  da piazzare da qualche parte in città, e Ascension (2003), che invece sarebbe stata collocata alla Rotonda della Besana. A questo sarebbe aggiunta una mostra antologica alla Fabbrica del Vapore.  A gennaio si è detto invece (lo ha scritto il Sole24ore) che Kapoor avrebbe realizzato un’opera permanente per la città di Milano. A quanto mi risulta il progetto sarà presentato il prossimo 25 maggio a ridosso dell’inaugurazione della Biennale di Venezia (con la quale ci sarà una collaborazione) e prevederà un’istallazione alla Rotonda della Besana (quasi certamente Ascension) e una nuova opera alla Fabbrica del Vapore che sarebbe già in fase di realizzazione in un cantiere navale da qualche parte nel mondo (il contratto è già stato firmato). Non ho ricevuto conferma sulla possibilità che quest’opera possa diventare permanente. Pare anche che si stia lavorando a una mostra di pezzi di Kapoor appartenenti a collezionisti italiani anche questa probabilmente alla Fabbrica del Vapore.

Mi sembra una buona cosa che si sia riusciti a convincere Kapoor a realizzare una nuova opera apposta per Milano. Probabilmente non avrà l’imponenza di quella di Parigi, ma almeno non ci si è limitati – cosa che capita troppo spesso a Milano – a portare opere (magari bellissime) ma già note.

PARIGI VAL BENE UNA MOSTRA

L’altro giorno l’amico Davide Dall’Ombra mi ha trascinato a Parigi per vedere una grande mostra. Si tratta della mostra su Mantegna curata da Giovanni Agosti per il Louvre. È un evento straordinario per diversi motivi, non ultimo il fatto che – cosa più unica che rara – il maggior museo francese ha chiesto a un italiano di curare una mostra del genere. Il fatto che quest’uomo si chiami Giovanni Agosti non è né un caso né un elemento estraneo al contenuto stesso dell’esposizione.

Arrivati alle 6 di mattina al gate 23 del Terminal 2 di Malpensa ho chiesto a Davide: “Ora che siamo qui, puoi anche spiegarmi perché stiamo andando a vedere questa mostra…”. Lui mi sorride e mi fa: “Da dove cominciare… Cominciamo dal 1961, l’anno di nascita di Giovanni Agosti…”. Davide, stretto nel suo cappotto scuro e avvolto da una spessa sciarpa di lana di un azzurro testoriano, racconta come si racconta un romanzo di cappa e spada: nomi, date, aneddoti, teorie di storia dell’arte. Volo Easy Jet scavalca le Alpi e scopro chi è Michel Laclotte: mitologico direttore Louvre che nel 1993, prima della pensione, fa la “sua” mostra che intitolerà “Il secolo di Tiziano”. Lì Agosti capisce una cosa: il mondo si divide in due, chi fa mostre di prosa e chi mostre di poesia. Quella di Laclotte era una mostra di poesia. E Agosti, le mostre, le vorrà fare di poesia.
Al Parigi Charles De Gaulle non ha ancora finito di raccontare, anzi, stiamo ancora dipanando il nodo della grande “Foppeide”, l’epopea che vide Giovanni allestire la mostra di Foppa a Brescia e pubblicare il catalogo della medesima un anno e mezzo dopo. Si racconta, dice Davide, che Agosti convocò a Brescia il pittore Giovanni Frangi d’urgenza: bisogna scegliere il grigio con cui dipingere le pareti della mostra. Doveva essere il grigio giusto, perché era proprio sul grigio lombardo che si giocava tutta la partita della mostra su Foppa. Agosti presenta a Frangi quattro diversi “grigi” con differenti tonalità di viola. Frangi, racconta sempre la leggenda, rispose: “Ma Giovanni, io non vedo la differenza…”.
Il treno per la Gar du Nord attraversa le banlieue sotto un cielo plumbeo e Davide racconta di come Feltrinelli dà carta bianca ad Agosti per il suo grande libro su Mantegna. Il libro esce a fine 2005, da tutta Europa arrivano elogi. Vendite importanti. Un libro così su Mantegna nessuno lo ha mai scritto. Ma il 2006 è l’anno del cinquecentenario e in Italia si allestiscono tre mostre sul grande artista: tutte e tre affidate al Nemico. Vittorio Sgarbi. Giovanni se lo sarà detto tra sé: il mondo va al contrario. Ma nel 2008 il grande colpo. In primavera arriva una telefonata dal Louvre: abbiamo scelto te, ad ottobre vogliamo il tuo Mantegna. Esita, c’è poco tempo, poi accetta. Così va in scena il Mantenga al Louvre.
Per Agosti fare una mostra su Mantegna è come fare una mostra su se stesso. “Quel che vedi di Mantegna – dice Davide – è una scorza dura, immobile, ma sotto ribolle un vulcano”. Così è Giovanni Agosti, uno che venera la Verità e – dice – figli della Verità sono l’Ordine e la Cronologia. Non si scappa. Così per i libri: l’ossessione per le note, la precisione, le virgole, gli spazi, le immagini stampate come vanno stampate. Così per le mostre. La ricerca di una perfezione apparentemente statica, rocciosa, incisa nel diamante, ma che contiene materiale esplosivo. Lì pronto a detonare. Come Mantegna, appunto.

Questo è il retroscena, la mostra godetevela voi. È al Louvre fino al 5 gennaio 2009.

Ps: qui c’è un articolo di presentazione dello stesso Agosti.
Ps2: qui, qui e qui ci sono tre spilli di Giuseppe Frangi sulla mostra.