LA PAURA FA NOVANTA NELLA FRANCIA DI VOLTAIRE

Giornale del Popolo, 5 ottobre 2006

In Europa la paura fa novanta. Non c’è dubbio che da qualche tempo a questa parte chiunque, dal Papa in giù, ha qualcosa da dire sull’Islam deve stare attento a quel che dice. Chi sgarra o non ci sta può rischiarela vita. È successo a Robert Redeker, professore di filosofia in un liceo di Tolosa e già direttore della rivista fondata da Jean-Paul Sartre Temps Modernes, che ha avuto l’ardire di difendere sulle colonne di “Le Figaro” la libertà di parola di Benedetto XVI e fare un paio di osservazioni che ad alcuni musulmani proprio non sono piaciute. A tal punto non sono piaciute che contro di lui è stata lanciata una fatwa. Ha ricevuto di conseguenza minacce di morte e su internet sono comparse cartine di Tolosa che indicavano la posizione della sua abitazione. Oggi vive sotto la protezionedella Brigata antiterrorismo della Dst (Direzione della sorveglianza del territorio), vagando ogni due giorni da un alloggio a un altro coi suoi familiari.
Ma cosa ha detto Redeker nel suo articolo? Ha rivolto un invito a contenere“l’islamisation des esprits”, «che dilaga ogni giorno di più e traduce una sottomissione più o meno cosciente ai diktat dell’Islam». Poi Redeker scrive quello che, secondo i musulmani che lo accusano, non avrebbe dovuto mai scrivere: «Odio e violenza abitano il libro in cui ogni musulmano viene educato, il Corano. E oggi come ai tempi della Guerra fredda, violenza e intimidazione, sono i mezzi utilizzati da un’ideologia a vocazione egemonica, per imporre la sua cappa di piombo sul mondo».
Tesi discutibile, quanto era discutibile il contenuto del cortometraggio “Submission”che costò la vita in Olanda aTheo van Gogh. Eppure sembra paradossale che oggi nella culla dell’Illuminismo ci si debba porre il problema di cosa si possa dire e cosa no per non rischiare la vita. Purtroppo la tesi di Redeker sui “dicktat dell’Islam” sembrano essersi verificate sulla sua pelle. Fatta eccezione per unmanifesto di intellettuali pubblicato da “Le Monde” (tra i firmatari André Glucksmann, Alain Finkielkraut, Alexandre Adler e Bernard HenryLevy) e una condanna del primo ministro Dominique De Villepin, infatti, il mondo politico francese continua a tacere (mancano pochi mesi alle presidenziali e nessuno vuole prendersi il rischio di attirarsi le antipatie– o qualcosa d’altro – dei musulmani). Tra i pochi intellettuali di sinistra che si sono uniti alla solidarietà a Redeker c’è Jacques Julliard, editorialista del Nouvel Observator che ieri in un intervista al Foglio diceva: «La libertàdi pensiero si logora se uno non se ne serve. Siamo di fronte a una regressione formidabile. Nessuno sipoteva immaginare che in un Paese come la Francia si potesse essere minacciati per le proprie opinioni. Dopo il discorso del Papa a Regensburg, quello di Redeker è un nuovo caso Rushdie». E Julliard aggiunge: «Succede oggi quello che nessuno si sarebbe mai aspettato: che la libertà di opinione potesse essere minacciata non dallo Stato, con forme di censura,come è successo in passato, ma da gruppi clandestini». Ma l’editorialista non assolve tutti i suoi colleghi intellettuali e dice: «Devo constatare che alcuni noti anticlericali da qualche tempo restano in silenzio. Non faccio nomi. Ma molti intellettuali in Francia trovano più comodo attaccare il cristianesimo, che ormai non minaccia più nessuno, piuttosto che criticare l’Islam, che è una minaccia per proprio tutti».
L’attuale direttore di Temps Modernes, invece, ha lanciato un appello in difesa del suo predecessore dicendo: «Oggi c’è una grande paura. Siamo arrivati a vietare un’opera di Mozart a Berlino, come se gli ebrei chiedessero di tagliare dal “Mercantedi Venezia” di Shakespeare la scena della libbra di carne richiesta dall’usuraio Shylock».N on sarà una grande consolazioneper Redeker, ma in questo momento viene accostato, nella battaglia per la libertà d’opinione, a due personalità come Benedetto XVI e Wolfang Amadeus Mozart. Se del Papa si è detto e ridetto, sul caso della rappresentazionedell’“Idomeneo” ritenuta (preventivamente) offensiva per l’Islam e quindi un rischio per la sicurezza dispettatori e autori, ieri sulle colonne del quotidiano italiano la Repubblica è intervenuto uno dei più noti e apprezzati direttori d’orchestra del mondo: Daniel Barenboim. «Limitare la propria libertà di espressione per paura è tanto inconcludente quanto imporre il proprio punto di vista con la forza marziale», dice il maestro nel suo commento e senza paura (questa volta non dei musulmani, ma deiben pensanti) afferma che la “correttezza politica” non è in sostanza diversa dal fondamentalismo nelle sue molteplici manifestazioni e aggiunge: «Sia la correttezza politica, sia il fondamentalismo forniscono risposte non al fine di migliorare la comprensione, bensì allo scopo di eludere le domande». Tanta paura e poche domande e a rimetterci è solo la libertà.

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