dal Giornale del Popolo del 21 maggio 2007
Il “piano svizzero” per una soluzione pacifica del contenzioso sul nucleare iraniano sta davvero dando nell’occhio se un ex pezzo da novanta dell’amministrazione Bush si sente in dovere di bollarlo come «una farsa». È il caso dell’ex ambasciatore americano all’ONU John Bolton che ieri, in un’intervista alla “SonntagsZeitung”, ha sparato ad alzo zero contro la diplomazia elvetica. «La Svizzera dovrebbe tenersi lontano da questo dossier» ha dichiarato senza mezzi termini al domenicale zurighese. John Bolton ritiene che la proposta elvetica sia un’illusione utile solo a permettere all’Iran di prendere ancora tempo per realizzare i propri progetti per una bomba atomica. Alla proposta svizzera – si legge nell’intervista – starebbe lavorando da diversi anni l’ex ambasciatore della Svizzera a Teheran Tim Guldimann. Bolton, conservatore di ferro vicino al vicepresidente americano Dick Cheney, critica violentemente il diplomatico svizzero, in funzione a Teheran dal 1999 al 2004, affermando che Guldimann avrebbe così tanti pregiudizi anti-americani che Washington aveva considerato la possibilità di esigere una mutazione all’interno della rappresentanza elvetica o di trovare un’altra ambasciata per rappresentare gli USA. L’ex ambasciatore americano all’ONU spera che lo “Swiss Paper”, di cui da alcune settimane si sta parlando a livello internazionale, non rappresenti un progetto del Governo svizzero. Ma a smentirlo è stato direttamente il portavoce del Dipartimento degli Esteri Johann Aeschleiman: «La Svizzera – dice al Giornale del Popolo – si sta impegnando per una soluzione diplomatica di questo conflitto ed è in contatto diretto con tutte le parti in causa. Il nostro tentativo è quello di trovare delle strade che siano accettabili per tutte le parti e che facilitino il dialogo». Meno diplomatica una nostra fonte vicina al Segretario di Stato Michael Ambühl che afferma che Bolton non sa di cosa sta parlando e che l’ex ambasciatore Guldimann non si sta affatto occupando del dossier iraniano, anche perché il diplomatico non è più in carica da ormai tre anni. Per quanto riguarda l’atteggiamento di Guldimann nei confronti degli Stati Uniti, al Dipartimento degli Affari Esteri non risulta che Washington si sia mai lamentata di come negli anni passati la Svizzera abbia svolto il suo ruolo di intermediaria con Teheran. A Berna, poi, si ha la convinzione che al Dipartimento di Stato americano, guidato da Condoleezza Rice, abbiano capito che le intenzioni della diplomazia svizzera non contrastano gli interessi americani. Bolton, infatti, sembra confondere due piani assolutamente distinti: da una parte i rapporti che Berna gestisce a Teheran per conto di Washington e dall’altra l’iniziativa diplomatica incentrata sul dossier nucleare che la Svizzera conduce a proprio titolo e non per conto terzi. Dopo essersi dimesso da ambasciatore presso l’ONU, John Bolton è tornato a lavorare per il Think Tank conservatore “American Enterprise Institute” come Senior Fellow; da allora non ha perso occasione per criticare la propria diplomazia e quella altrui. È capitato, ad esempio, nel caso dell’accordo raggiunto dalla comunità internazionale con la Corea del Nord che ha portato all’interruzione del programma nucleare di Pyongyang. È di settimana scorsa, invece, una sparata di Bolton contro il Foreign Office di Londra colpevole di aver danneggiato i rapporti con gli Stati Uniti. Ma stando a quello che si dice nei corridoi del Dipartimento di Stato americano sarebbero stati proprio i modi bruschi di Bolton a danneggiare l’immagine degli Stati Uniti all’estero. Nonostante in passato Bolton sia stato vicino alla posizione della Casa Bianca, e in alcuni casi l’abbia ispirata, oggi l’ex diplomatico non sembra poter rappresentare la posizione ufficiale di Washington. Forse su una sola cosa Bolton sembra aver ragione: il tempo sta dalla parte di Teheran.