Da Avvenire del 23 ottobre 2007
In Svizzera non esistono i grandi terremoti politici, sono più frequenti le piccole scosse di assestamento. È il caso delle elezioni federali di domenica scorsa che, con la vittoria del partito di destra (Udc) di Christoph Blocher e la sconfitta del Partito socialista, non decreterà una rivoluzione nel governo del Paese. Mutano sì gli equilibri in Parlamento, ma in modo forse impercettibile all’occhio dell’osservatore italiano. L’Udc ottiene il suo miglior risultato storico assestandosi al 29 per cento (+2,1 per cento rispetto al 2003) conquistando 7 nuovi seggi al Consiglio Nazionale (Camera bassa), mentre il Partito Socialista cala di 3,8 punti percentuali fermandosi al 19,5 per cento e la sua rappresentanza perde 9 deputati. Buon risultato dei Verdi, che con un +2,2 per cento manderanno a Berna 6 nuovi rappresentanti affermandosi sul panorama federale al 9,6 per cento. Al centro dopo anni di crisi si riprende il Partito Democratico Popolare (Democratici cristiani), a cui non riesce il sorpasso di un Partito Liberale Radicale in crisi, e con il 14,7 per cento ottiene lo stesso numero di consiglieri nazionali (31 seggi) dei diretti avversari di centro. I giochi però non sono ancora chiusi. Occorrerà attendere i ballottaggi per il Consiglio degli Stati (Camera Alta) dove l’Udc, a causa del sistema maggioritario a base cantonale, non ha i numeri del Nazionale. Se anche qui si verificasse un’ulteriore avanzata del partito di Blocher, allora, davvero, si potrebbe parlare di una reale sterzata a destra del Paese.
Pochi notano che l’avanzamento dell’Udc non ha le dimensioni della crisi dei Socialisti che, oltre ad a- ver perso il controllo del voto ambientalista ha eroso la sua leadership in alcuni suoi feudi storici come il Canton Ginevra e il Canton Vaud. La maggior sensibilità per i temi ambientali, però, non spiega da sola una crisi socialista che soffre, secondo il parere di molti analisti, di un conservatorismo (di stampo statalista) ormai sconosciuto alla sinistra britannica, tedesca o spagnola. Il successo dell’Udc, quasi tutto a spese del Liberali, fa perno su due esigenze: la prima è la proposta di un progetto politico che liberi risorse economiche per l’economia, risparmi sui costi dell’apparato federale e attui una riforma del welfare; la seconda è quella di un approccio di chiusura alla globalizzazione (economica e migratoria) che mette in primo piano gli interessi svizzeri a scapito della solidarietà e della cooperazione internazionale. Per ottenere il consenso su questo secondo punto l’Udc non ha esitato a lanciare slogan xenofobi e con scaltrezza è riuscita a nutrirsi dell’insofferenza per l’immigrazione e per l’Unione europea. Come la Svizzera possa aumentare la propria ricchezza e nello stesso tempo restare isolata dal continente che la circonda è cosa che l’Udc di Blocher fatica a spiegare. Tuttavia, come si è visto nell’ultima legislatura (la prima che ha visto in governo due ministri Udc) il sistema svizzero permette agli elettori di dar fiducia al riottoso partito di Blocher alle elezioni federali per poi, sconfessarlo in sede di referendum – pratica corrente nella Confederazione – qualora lo ritenesse necessario a favore di un compromesso.
Nonostante la forte progressione dell’Udc, ieri i Verdi sono tornati a chiedere l’uscita dal Governo del ministro Blocher. In casa Udc replicano che un’eventuale non rielezioni dei propri due ministri avrà come conseguenza il loro passaggio all’opposizione. Ciò significherebbe di fatto la fine del sistema di concordanza svizzero e la conseguente paralisi politica del Paese. Un terremoto politico davvero poco probabile.