Dal Giornale del Popolo del 15 febbraio 2008
Il D-Day kosovaro è previsto per domenica 17, ma secondo l’imprenditore svizzero-kosovaro Behgjet Pacolli, oggi a capo della terza forza politica del Paese, non è escluso che l’indipendenza possa essere proclamata già oggi. Il Kosovo è vicino all’appuntamento con la storia, anche se a Belgrado (e a Mosca) dicono che faranno di tutto per guastare la festa ai kosovari.
Pacolli, cosa sta succedendo a Pristina?
Domani (oggi per chi legge, ndr) i vertici della politica kosovara si riuniranno alle 8 e decideranno la data per la proclamazione dell’indipendenza. Il giorno prescelto potrebbe essere già venerdì, ma di sicuro l’indipendenza sarà proclamata entro il fine settimana.
Sono previsti dei festeggiamenti?
Sì, certamente. Ma nulla di ufficiale. Si tratterà di qualcosa di “familiare”, per così dire. Abbiamo fatto un appello alla popolazione perché non scenda in piazza, ma rimanga a festeggiare in casa. Per i festeggiamenti ufficiali aspetteremo quando l’ONU riconoscerà ufficialmente il Kosovo.
Come pensa reagiranno i serbi che abitano in Kosovo?
Io penso che se loro decideranno di rimanere non avranno nulla da temere. Sono convinto che sarà meglio anche per loro: potranno godere dei vantaggi che derivano dall’esistenza del nuovo Stato. Anche loro hanno sofferto dello status quo. Ora potranno avere rappresentanti eletti, e tutti i diritti dei cittadini kosovari. Perché il Kosovo non è il Paese degli albanesi, è il Paese dei kosovari.
Quali saranno le conseguenze dirette di questa dichiarazione?
Io penso che non vi saranno conseguenze gravi. Belgrado dovrebbe capire che con l’indipendenza non perderà il Kosovo, ma lo riavrà, perché il Kosovo potrà riavvicinarsi alla Serbia.
Ma Belgrado ha già detto a chiare parole che ritiene illegale la decisione di Pristina…
Sì, la Serbia e la Russia hanno detto che si opporranno in tutti i modi, ma non so che valore avrà questa opposizione.
Ma Mosca ha il potere di veto al Consiglio di Sicurezza dell’ONU…
Ma il caso del Kosovo non è di competenza del Consiglio di Sicurezza. Quel che conta è che ogni Stato potrà decidere se riconoscere o meno il Kosovo indipendente. Non c’è nessuna risoluzione del Consiglio di Sicurezza che proibisce l’autodeterminazione di un popolo. L’ONU garantisce l’integrità e la sovranità di uno Stato, ma noi non stiamo minacciando l’integrità della Serbia: noi rivendichiamo il diritto del nostro popolo ad autodeterminarsi.
Qualcuno sostiene che il Kosovo rimarrà un protettorato dell’Unione europea…
Fino ad oggi è stato un protettorato, da domani saremo indipendenti. Certo, concorderemo l’indipendenza con la maggior parte degli Stati dell’UE e con gli Stati Uniti, ma poi saremo indipendenti. Io so con certezza che verremo riconosciuti subito da Canada, Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Germania, Italia.
La Serbia potrebbe reagire militarmente?
Non penso. In quel caso la decisione gli si rivolterebbe contro.
Magari un attacco militare no, ma potrebbero tagliarvi le forniture elettriche, ad esempio…
Sì, faranno di tutto per isolarci, ma è una decisione contro i loro interessi. Oggi l’80 per cento dei prodotti che si vendono in Kosovo è di provenienza serba. Se chiudono le frontiere si priveranno di un mercato di due milioni e mezzo di persone. Albania, Macedonia e Grecia sono già pronte a prendere il posto della Serbia.
Lei finora ha fatto molti affari con la Russia e le ex repubbliche sovietiche: ora i rapporti con Mosca saranno più difficili?
Sì, già ora percepisco una maggior freddezza che nel passato. Ma utilizzerò i miei rapporti per ricucire lo strappo e mi impegnerò per far nascere una commissione parlamentare per ricostruire i rapporti con la Serbia.