«FATE L’AMORE (E UNA LISTA), NON L’ABORTO»

Dal Giornale del Popolo del 13 febbraio 2008

«C’è chi parla delle licenze dei tassisti, chi della privatizzazione di Alitalia, chi delle tasse che vanno abbassate: l’aborto è almeno altrettanto importante ». È con queste parole che Giuliano Ferrara, il battagliero direttore de “Il Foglio” si lancia, anzi, si rilancia, nell’agone politico. Lo fa, come suggerisce non solo il suo soprannome, con l’irruenza di un elefante in una cristalleria. Mentre i politici italiani cercano, in fretta e furia, di reinventarsi il bipolarismo all’italiana in vista delle prossime elezioni, Ferrara annuncia la sua candidatura con una “lista di scopo” che vuole portare nel Parlamento italiano i temi che hanno dato vita alla sua campagna per una moratoria sull’aborto. Il titolo dato alla campagna è birichino: “fate l’amore, non l’aborto”, più serio il programma della lista. «Si può – scriveva Ferrara sul Foglio di domenica – portare nel Parlamento un manipolo di testimoni della ragione legati da uno scopo comune: impedire che faccia progressi, nella legislazione e nella cultura dominante, l’evidente tendenza a una svalutazione e disumanizzazione della vita umana». Insomma buttare al macero quel totem della cultura laica che è la legge 194? No, le cose sono un po’ più sottili. Per Ferrara, infatti, si possono promuovere politiche pubbliche per la vita «senza con questo abrogare quella possibilità legale di abortire in strutture pubbliche», anche se quel “diritto legale” si è trasformato in un “diritto legittimato” a regolare in modo moralmente indifferente le dinamiche della paternità e della maternità. La lista si propone di impedire la generalizzazione della pratica dell’aborto selettivo in vitro, di evitare «con umanità e discrezione per i casi estremi » che la cura diventi selezione genetica e di battagliare alle Nazioni Unite perché dopo la moratoria per la pena di morte si ribadisca in modo chiaro la sacralità della vita introducendo nella Dichiarazione dei diritti dell’uomo che il diritto alla vita vale «dal concepimento alla morte naturale ». Se fino a settimana scorsa l’ipotesi di presentarsi davvero alle elezioni del 13-14 aprile appariva come una classica boutade in puro stile ferrariano, negli ultimi giorni l’elefantino ha addirittura mandato avanti i sondaggisti per misurare la fattibilità dell’impresa. I dati dicono che, se Berlusconi accettasse un apparentamento con la nuova lista, Ferrara otterrebbe tra il 4 e il 6%. Per ora il leader del Popolo della Libertà snobba l’amico e consigliere e Ferrara si dice disposto a correre anche in solitaria, magari presentandosi solo al Senato. A chi gli chiede se non ha paura di rubare voti gli amici del centrodestra, il direttore del Foglio dice che secondo i sondaggisti i suoi potenziali elettori sarebbero soprattutto dagli scontenti del centrosinistra. L’accelerazione che ha portato l’elefantino dalle barricate della battaglia culturale al campo aperto dello scontro elettorale ha spiazzato soprattutto chi fino a ieri si era riconosciuto nelle posizioni del direttore del “Foglio”. I cattolici in politica, che finora avevano appoggiato la campagna per la moratoria, ora ribadiscono il sostegno di fondo ma esprimono perplessità sull’opportunità della discesa in campo. I vescovi italiani non si esprimono. Ma lui non se la prende e del non appoggio dei vescovi ne fa una medaglia: «La chiesa non è un soggetto politico. Siamo laici devoti, amici e indipendenti, e non ci verrebbe mai nemmeno in mente di chiedere il suo appoggio. Il suo consiglio, sì. La sua attenzione nello spazio pubblico, sì. Non abbiamo complessi».

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