DAVID HOCKNEY: «PICASSO ERA UN PROFETA»

Gjon Mili, Pablo Picasso, Vallauris, France, 1949, Getty Images.
Gjon Mili, Pablo Picasso, Vallauris, France, 1949, Getty Images.


Sto leggendo “A Bigger Message – Conversazioni con David Hockney” di Martin Gayford appena pubblicato da Einaudi. È un libro interessantissimo. Mille sarebbero i passi da riprendere. Qui però riporto due passaggi in cui il pittore inglese parla di Pablo Picasso. Magari possono essere utili a chi non è ancora andato a vedere la bellissima mostra a Palazzo Reale a Milano. E magari anche a chi c’è andato o chi non ci andrà. Comunque, Gayford scrive a pagina 82:


John Richardson, biografo di Picasso e intimo amico dell’artista nei suoi ultimi anni, mi ha raccontato questo aneddoto:

“Lucien Clergue, il fotografo, conosceva benissimo Picasso. L’altro giorno mi ha detto: ‘Sai, picasso, mi ha salvato la vita’. Ho risposto: ‘Cosa?’ Ha proseguito: ‘Sì, è avvenuto ad Arles, dopo la corrida’. Lucien ha spiegato che si sentiva benone, aveva perso peso, ma non era preoccupato. Di punto in bianco, Picasso gli aveva detto: ‘Devi andare immediatamente all’ospedale’. Lucien gli aveva chiesto perché. Picasso aveva risposto: ‘Hai qualcosa di grave’. Lucien non ne aveva alcuna intenzione, ma Jacqueline [la moglie di Picasso] aveva aggiunto: ‘Se lo dice Pablo, devi assolutamente farlo’. Allora ci andò e i dottori lo portarono subito in sala operatoria. Gli dissero che aveva una forma rarissima di peritonite, che era mortale. L’aspetto terribile di questa malattia è che era asintomatica, non dava dolore, semplicemente uccideva. Picasso di se stesso diceva spesso: ‘Sono un profeta’.

Lo riportai a Hockney, che si disse subito d’accordo con questa conclusione.

David Hockney: «Picasso era un profeta. Probabilmente aveva visto qualcosa che non andava sul viso di Clergue. Picasso ha guardato più volti di qualsiasi altro, ma non li guardava come un fotografo. Pensava a come li avrebbe disegnati. La maggioranza della gente non guarda un viso a lungo, tende subito a guardare da un’altra parte. Ma se si dipinge un ritratto, si deve guardare il viso. Rembrandt mise più forza su un viso di qualsiasi altro pittore prima di lui, perché vedeva di più. Era una questione di occhio – e di cuore.

Qualche pagina prima, non richiesto, Hockney parla di nuovo di Picasso:

Martin Gayford: «Crede che i pittori possano acquisire un altro stile verso la fine della vita?»

David Hockney: «Beh, molti quadri dell’ultimo Picasso penso parlino della vecchiaia. Ce n’è uno meraviglioso che abbiamo visto a Baden-Baden, una sorta di autoritratto di vecchio, ma in realtà è un bambino portato da una donna. Le sue palle toccano il pavimento, le gambe deboli, fragili. È un po’ come una madre che insegna a un bambino a camminare. Lo stesso avviene nella vecchiaia, si ha bisogno di aiuto. Mi ricordo l’ombelico, che era costruito da una pennellata che Picasso aveva fatto roteare su se stessa. Questa torsione ha creato piccoli segni tutt’intorno che rendono l’immagine più dolce. È davvero sorprendente. Si ha la sensazione che l’uomo sia vecchio, ma si sente che la carne è morbida come quella di un bambino. Ci sono molti strati di pittura. Penso che si debba essere vecchi per capire di cosa di tratta.

Pablo Picasso, Homme et femme nus, 18 agosto 1971
Pablo Picasso, Homme et femme nus, 18 agosto 1971

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