Venerdì prossimo alla Galleria ABC di Genova inaugura la mostra di Matteo Negri intitolata Una cosa divertente che non farò mai più. Nel catalogo c’è una breve intervista che ho fatto a Negri. Eccone alcuni passaggi.
LF: Quindi hai deciso di smettere con i Lego?
MN: Non lo so. Forse cambierò delle cose.
LF: È comunque un momento di svolta
MN: Mi piacerebbe che la mostra di Genova fosse un punto di chiusura con un certo tipo di lavoro. I Lego hanno trovato evoluzioni più felici di altre. Adesso sono di fronte a un punto di domanda. Ma il punto di domanda non è sul fattore “Lego”, il problema è a livello della scultura.
LF: In che senso?
MN: Queste sculture si sono imposte nello spazio. Anche nello spazio aperto, pubblico. Il soffitto del mio studio è alto 3 metri e 20. È raggiungendo quell’altezza che ho realizzato le opere di Lego più interessanti. Ora vorrei sviluppare il mio lavoro in relazione con la dimensione massima.
LF: Monumentale.
MN: Sì, monumenti veri. Nelle dimensioni.
LF: Che cosa ti intriga di questo aspetto?
MN: Per fare i nodi di Lego devo realmente fare un nodo con la gomma piuma. Anche nel caso delle sculture più grandi. Le forme che realizzo sono armonie astratte nello spazio, nel vuoto. Il nodo è diventato la misura di uno spazio vuoto.
LF: Conta di più il fattore “nodo” che non il fattore “Lego”?
MN: Sì, sicuramente. Il Lego è per me una sorta di alfabeto che mi ha portato a creare un mio linguaggio normale. È come se fosse la forma del mio disegno.
(…)
LF: Come sei arrivato al Dna?
MN: Ha una forma bellissima. Si muove nello spazio. L’elicoide è una forma straordinaria. Ne sono affascinato: è uno spazio pieno e vuoto. Delimita lo spazio, ma lo svuota al tempo stesso. È formato da due fasce simmetriche che si muovono attorno a un cilindro. Ha delle proporzioni perfette. È una geometria vera. È una sfida per uno scultore.
Nei giorni scorsi si è creato qualche equivoco rispetto ad alcune opere esposte per le vie di Genova. Niente di grave. La vicenda l’ha raccontata Secolo XIX qui e qui