Flavio Maspoli è morto il 12 giugno. Qui la lettera per ricordarlo scritta al direttore del Giornale del Popolo .
Caro direttore,
se oggi scriviamo per il suo giornale, in fondo, è anche colpa di Flavio Maspoli. È lui che con la sua irruente baldanza osò assumerci, noi ignari e inesperti neolaureati, nella redazione di TicinoOggi. Quell’esperienza, nonostante una partenza “kamikaze” e il finale inglorioso che tutti conoscono, fu tanto significativa per noi da non farci passare la voglia di fare questo mestiere. Maspoli era un direttore entusiasta che si buttò in quell’avventura con la foga di un ragazzino. Sperava di fare il direttore “da parata”, di arrivare in redazione verso mezzogiorno, poco prima della chiusura, per controllare che tutto fosse a posto; al massimo per scrivere un editoriale o un commento. Da subito, però, capì che il suo posto era lì. Arrivava in Piazza Pedrazzini non dopo le 5 del mattino, ansimante per aver fatto due brevi rampe di scale. Vi rimaneva anche 15 ore al giorno, dopo aver scritto l’editoriale, lo “Zampi”, il pensiero della sera e qualche articolo di sport. Dopo avere diretto due riunioni, coordinato il lavoro di redattori e collaboratori e sbrigato le mille noiose incombenze quotidiane che spettano a voi direttori. Nonostante già allora la sua salute fosse precaria, non si risparmiò mai. Con uno così ti veniva voglia di dare il massimo. E giorno dopo giorno, non senza errori e scivoloni, imparammo “i fondamentali” del giornalismo. Da direttore dava la massima fiducia ai suo giornalisti e, se era necessario, li difendeva fino in fondo. La creatività e l’improvvisazione erano all’ordine del giorno e spesso la linea editoriale la scoprivamo soltanto vivendo.
Caro direttore, lei ha mai cucinato una faraonica cena di Natale per tutta la sua redazione? Caro direttore, lei ha mai portato i cornetti per la colazione dei suoi giornalisti? Caro direttore, ha mai avuto il pensiero gentile di far recapitare un mazzo di fiori per il compleanno delle sue giornaliste? Piccole cose, per carità, ma che tradivano una grandezza d’animo non comune tra i “pennivendoli”, come li chiamava lui.
Alla fine ci fece perdere il posto di lavoro e avevamo tutto il diritto di avercela con lui. Lo fece nel peggiore dei modi. Anche se sappiamo che tra le mille ragioni (o non ragioni) che lo spinsero a falsificare quelle maledette firme c’era anche quella di sventare la chiusura del giornale che dava lavoro a tutti noi.
Durante i nove mesi di TicinoOggi nacque una stima reciproca tale che, ad avventura finita, furono moltissime le occasioni per rivedersi e per coltivare quella che poi diventò una sincera amicizia. Passati al Giornale del Popolo, Maspoli continuò a seguirci con affetto e la prima domanda era sempre: “Come va al giornale?”. E continuò a invitarci a cena a casa sua, tanto che qualcuno tra noi cominciò a declinare gli inviti per non rischiare di raggiungere il suo peso forma.
Ci scusi se facciamo perdere tempo a lei e ai lettori, ma pensiamo che in questi giorni affollati di ricordi più o meno sinceri sui di lui, anche la nostra testimonianza possa essere utile per far luce su una grande persona che sarà difficile dimenticare.
Raffaella Machiné
Nicola Mazzi
Luca Fiore