Da Vita del 25 agosto 2006
«Il Wellness Hotel Kurhaus Cademario offre tutti i vantaggi di una struttura che combina il comfort di un hotel di classe, il relax di un centro benessere e la professionalità di un istituto terapeutico. È aperto tutto l’anno». Così esordisce il depliant informativo della più nota attrattiva di questa località a 850 metri di altitudine, il piccolo comune di Cademario, 800 anime scarse. Siamo in Canton Ticino, a poco più di dieci chilometri da Lugano, un’ottantina da Milano. A volte, d’inverno – dicono – dalla terrazza del Kurhaus è possibile godere una vista spettacolare su un mare di nuvole che copre il lago giù a valle. Insomma, un posto ideale per anziani facoltosi e pazienti in cerca di un incantevole posto per lussuose riabilitazioni. Il Kurhaus è una sintesi dello spirito svizzero: comfort, professionalità, bellezza paesaggistica: il tutto al servizio del benessere. È proprio la ricerca del benessere il motore non solo del Kurhaus di Cademario, ma a ben vedere, di tutto il sistema- Svizzera. Secondo il mito qui tutto funziona alla stregua di un orologio di alta precisione. Mito o non mito in pochi posti al mondo come in Svizzera gli uomini, per dirla con T.S. Eliot, hanno sognato (e in qualche caso realizzato) «sistemi talmente perfetti che più nessuno avrebbe bisogno di essere buono». Tutto più o meno funziona, ma il benessere? Quella del tasso di suicidi record non è una leggenda, anzi, e tra i sistemi “talmente perfetti” oggi la Svizzera può contare anche le associazioni che, in caso di gravi malattie, ti aiutano a toglierti la vita. Il metodo è sempre lo stesso: professionalità, discrezione e cortesia. Lo chiamano “suicidio assistito”. A poche centinaia di metri dal Kurhaus c’è una villa semplice di tre piani, grandi finestre che danno sul lago. Il bosco vicino, un grande prato, aria buona. Un posto ideale, chessò, per un agriturismo di successo. Anche qui, da qualche tempo, un piccolo popolo giunge dal fondo valle cercando un benessere fatto non di piscine a idromassaggio e camerieri in giacca bianca. A muovere questa gente sono desideri e inquietudini difficili da definire con le solite categorie sociologiche. Si tratta del Monastero dei Santi Francesco e Chiara. Qui abitano otto clarisse che vivono la clausura secondo la regola dei santi di Assisi. La comunità è stata fondata nel 1992, ma lo scorso giugno – grazie alle nuove vocazioni e alla richiesta della Diocesi di Lugano – è stata eretta a monastero autonomo. Era dall’800 che in Svizzera non veniva eretto un nuovo monastero di clarisse. A Cademario arriva gente di tutti i tipi: adulti in cerca di qualcuno che ascolti, famiglie, gruppi di parrocchie e movimenti, bambini della Prima Comunione. Tutti desiderosi di conoscere queste donne che fanno la vita più strana che si possa immaginare: una vita semplice e povera, fatta di preghiera e contemplazione. Chiediamo a suor Myriam, la madre badessa, il motivo di questo interesse: «È un mistero di Dio. Le cose nascoste è come se venissero alla luce. La verità viene alla luce e il cuore dell’uomo è sempre in grado di riconoscerla. La nostra vita è il segno più grande di questo: ciò che è vero, ciò che uno desidera, anche se nascosto, si fa strada da sé». Mi racconta che recentemente sono venuti al monastero i bambini della Prima Comunione della parrocchia del paesino: «Ci hanno fatto tantissime domande, alcune anche divertenti: mi hanno chiesto, per esempio, se sotto il velo avevo i capelli… Certo, vengono molti bambini, ma i più colpiti sono sempre gli adulti che li accompagnano ». Ma cosa dite a questa gente? «Noi non facciamo nient’altro se non accogliere, ascoltare e dire con la nostra vita che c’è il Signore. Che è proprio vero che questo Signore accompagna l’uomo. È come se la gente lo sapesse già, ma è come se avesse bisogno di vedere e toccare che è possibile dare tutto a Lui. Vengono e vedono ragazze giovani che lasciano tutto: la carriera, gli affetti, la ricchezza… per cosa?». Suor Miyriam racconta che alle ragazze che chiedono di entrare in monastero dice senza giri di parole che non si tratta di un albergo a quattro stelle, ma la risposta è sempre la stessa: «A me va bene così». Le ultime arrivate a Cademario si chiamano suor Mirjam Cristiana e Daniela. La prima è già novizia, la seconda è arrivata da appena 10 mesi. Hanno entrambe 27 anni. Tutte e due sono laureate, la prima in Scienze dell’educazione, la seconda in matematica. Sorridono. Hanno uno sguardo profondo e bellissimo. Sono italiane: la prima è brianzola, la seconda di Crema. Sono arrivate a Cademario con storie diverse, tramite amicizie e anche grazie al caso (o alla Provvidenza). Cristiana dice che da grande avrebbe voluto fare la mamma, Daniela aveva già un ragazzo. Niente. Il fascino per una vita dominata dall’amore a Cristo le ha vinte e portate qui. In questo posto sperduto sulle montagne, che ora la gente non cerca più solo per l’elegante Kurhaus, ma anche per vedere i loro sguardi penetranti dietro la grata di legno chiaro. Proprio qui. Nella efficiente, laica e sempre più disperata Svizzera.