UN ANNO CON ROMANO

INTERVISTA A GIAMPAOLO PANSA
dal Giornale del Popolo del’11 aprile 2007

«È un bilancio tra il modesto e il mediocre. Se dovessi dare una nota, dall’uno al dieci, darei cinque». Giampaolo Pansa, celebre firma dell’Espresso e di Repubblica, gioca a dare la pagella del Governo di Romano Prodi a un anno dalla vittoria elettorale. Giornalista di sinistra, mai tenero con la propria parte politica, tratteggia uno scenario per certi versi desolante. L’unico ad uscirne a testa alta è Prodi stesso, che al momento parrebbe insostituibile.
È di manica stretta, Pansa, come mai?
Le ragioni che stanno alla base di un bilancio di questo tipo sono varie. La prima, in ordine cronologico ma anche per importanza, è il risultato elettorale. Questo fattore di instabilità numerica, legato alla legge elettorale voluta da Berlusconi e scritta da Calderoli, è un po’ all’origine di tutte le difficoltà di Prodi. A questo si aggiunge il fatto che il premier si trova molte bocche da sfamare.
In che senso?
L’Unione, se la si guarda bene, è disgregata in una serie di partiti minori. Qualche giorno fa in un’intervista con Piero Fassino ho fatto il conto di quanti sono i partiti della sinistra (non del centrosinistra). Bene, sono nove. Se contiamo Margherita e Mastella arriviamo a undici. Siamo una specie di nebulosa dove l’unico punto fermo sono i Ds, che alle elezioni di aprile sono andati di poco al di sopra del 17 per cento. Il risultato di un partito medio. Per questo nasce la carica dei centouno.
La carica dei centouno? Cos’è?
Sono i ministri, i viceministri e sottosegretari del Governo. Per una foto di gruppo non starebbero nel cortile di una scuola di campagna, bisognerebbe andare in piazza… (ride). Tanta gente da accontentare, no? Il terzo guaio è che i partiti della maggioranza fin dall’inizio hanno dimostrato di essere in continuo contrasto. È chiaro che le alleanze sono degli incontri fra diversi, ma qui io parlo di incompatibilità. È emersa una babele caotica che soltanto Prodi riesce in qualche modo a tamponare e a governare.
Queste le premesse, passiamo ai risultati…
Il bilancio di tutto questo succedersi di problemi e pasticci è che il Governo Prodi è ai minimi storici per produttività: in undici mesi ha fatto appena 34 leggi, meno della metà rispetto al primo anno del Governo Berlusconi. L’efficienza del Governo non si misura certo solo con il numero di leggi, e qualche responsabilità ce l’hanno anche le camere che fanno fatica a riunirsi, ma la difficoltà è evidente. L’unica vera legge è la legge finanziaria, che è una legge molto rigida, molto restrittiva e io penso che, nella situazione in cui si trova il Paese, sia tutto sommato giusta. L’altra cosa che è stata solo enunciata e non si è vista, anche se è difficile arrivarci, è la lotta all’evasione fiscale. È vero che da noi la pressione fiscale è la più alta d’Europa, ma l’evasione è a livelli scandalosi. In Italia qualunque Governo non abbia il coraggio di cambiare il sistema fiscale dimostra di fare ben poco. Non si è visto, poi, nulla sul fronte della riforma delle pensioni. Occorrono anche delle liberalizzazioni più spinte e robuste di quelle – pure giuste – che ha fatto il ministro Bersani.
Chi rema contro?
Principalmente due lobby. La prima è quella dei sindacati che considerano il Governo come un partner poco affidabile e quindi gli sta alle costole. Certo, questo è il mestiere dei sindacati, ma quello del Governo è di tener duro dove è necessario. L’altra pressione è quella della sinistra radicale. Qui abbiamo Rifondazione comunista, i Comunisti italiani e i Verdi che si fanno sentire di più di Ds o Margherita. Prodi quando l’avevo intervistato alla vigilia delle elezioni, tra le altre cose, mi disse che lui non voleva mediare ma governare. Constato che è stato costretto a fare esattamente il contrario: mediare, mediare, mediare.
E non era affatto facile…Prodi ha l’abilità di un vecchio commis d’étàt, di un vecchio presidente IRI, poi ha l’abilità di un vecchio democristiano e se vuoi ha anche l’abilità del cattolico collaudato. Queste tre qualità ne hanno fatto l’unico premier possibile per il centrosinistra oggi e almeno per un anno o due. Se non ci fosse stato lui, che non è certo uomo senza difetti, questo Governo sarebbe caduto mille volte e non so in che situazione si troverebbe il Paese. Senza di lui sarebbe andato a finire tutto – come diciamo noi piemontesi – “nel guardaroba dei cani”: in qualche angolo morto di un giardino incolto.
Davvero non c’è alternativa a Prodi?
In questa fase assolutamente no. Chi ci dice che un nuovo Governo otterrebbe la fiducia in parlamento? Abbiamo sempre il problema del Senato: se qualcuno fa le bizze o rimane a casa perché ha il mal di pancia, la maggioranza non c’è. Quindi Prodi, da questo punto di vista, ha un’assicurazione sulla vita assolutamente formidabile.
Ma Veltroni? D’Alema?
Quelle sono tutte balle. Per un nuovo premier dovrebbe esserci una maggioranza nuova.
Ecco, appunto, può esistere una maggioranza diversa?
Io sono convinto che, come diceva quel grande giocatore di carte che era Ciriaco De Mita, occorrerebbe sparigliare il gioco. Bisogna cercare di trovare degli alleati al centro dello schieramento in grado di sostituire queste sinistre radicali e massimaliste.
Quindi Casini?
Casini ha pochi voti.
Non mi dica Berlusconi, perché in questo caso sarebbe una grande coalizione…
Una grande coalizione potrebbe essere una buona soluzione, ma passa per il pensionamento sia di Prodi che di Berlusconi. Ma non mi pare che i due abbiano intenzioni di questo tipo. Sono tutte cose illusorie: sia la grande coalizione sia un allargamento della maggioranza al centro. Bisognerebbe trovare in Forza Italia trenta o quaranta parlamentari, soprattutto al Senato, che lascino il loro partito e si costituiscano in gruppo autonomo. Mi sembra irreale.
Lei in passato ha parlato di una guerra civile verbale in atto nel Paese. Ha visto miglioramenti di recente?
No, anzi. L’Italia si sta rivelando il Paese campione mondiale dei faziosi. Persino Bertinotti è stato contestato dai centri sociali: il massimo! Confesso che quell’episodio mi ha fatto godere… Se Bertinotti viene contestato da quelli che l’avevano sempre sostenuto e che lui ha sempre coccolato vuol dire che siamo al massimo della guerra civile verbale.
Come giudica il comportamento del Governo italiano sulla vicenda del rapimento di Daniele Mastrogiacomo?
A riguardo ho un’opinione molto radicale, ma questa – ragazzo mio – te la leggi sull’Espresso di venerdì.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *