IL VESCOVO DI RIAD SULL’INCONTRO TRA IL RE E IL PAPA


INTERVISTA A MONS. PAUL HINDER

dal Giornale del Popolo del 7 novembre 2007

Una «giusta soluzione» al conflitto tra israeliani e palestinesi, una «menzione», ma solo da parte vaticana, della «presenza positiva e operosa dei cristiani» in Arabia Saudita ed un inatteso riferimento alla collaborazione «tra cristiani, musulmani ed ebrei» per la promozione della pace, della giustizia e dei valori spirituali. È la sintesi che il Vaticano dà del colloquio di 30 minuti svoltosi ieri tra Benedetto XVI e re Abdallah, primo incontro della storia tra un sovrano saudita ed un papa.
Il comunicato ufficiale del Vaticano afferma che «si sono ribaditi l’impegno in favore del dialogo interculturale ed interreligioso, finalizzato alla pacifica e fruttuosa convivenza tra uomini e popoli, e il valore della collaborazione tra cristiani, musulmani ed ebrei per la promozione della pace, della giustizia e dei valori spirituali e morali, specialmente a sostegno della famiglia». A parte l’inatteso riferimento agli ebrei, è quanto ci si aspettava. C’era un altro punto sul quale ci si aspettava l’intervento della Santa Sede, quello dei cristiani in Arabia Saudita. In proposito, il comunicato dice che «nell’augurio di prosperità a tutti gli abitanti del Paese da parte delle Autorità vaticane, si è fatto menzione della presenza positiva e operosa dei cristiani». Da qualche parte si sperava in qualcosa di più, ma va tenuto presente che è la prima volta che una dichiarazione relativa ad un incontro con un esponente saudita – e questa volta era il re – parla dei cristiani che vivono nel Paese, ufficialmente musulmano al 100%. In realtà, a causa dell’immigrazione, ci sono tra un milione e mezzo e due milioni e mezzo di cristiani. A tutti è vietato avere con sé libri e immagini sacri, crocifissi, rosari eccetera. In tutto il Paese, peraltro, non esistono chiese, né sacerdoti – a parte quelli eventualmente presenti in ambasciate – né sono permesse riunioni di preghiera nelle case private.
Per avere un commento sull’incontro di ieri abbiamo raggiunto ad Abu Dhabi, negli Emirati Arabi Uniti, mons. Paul Hinder, cappuccino svizzero tedesco, dal 2005 vicario apostolico della Penisola araba e quindi vescovo dei cristiani che vivono in Arabia Saudita. «Il conivolgimento della Santa Sede nelle problematiche del Vicino e del Medio Oriente – dice mons. Hinder al GdP – è una cosa importante. Sia Roma che Riad sono interessate a una pacificazione della regione». «È chiaro – prosegue – che tutta la problematica del dialogo e dell’incontro delle due religioni è qualcosa di significativo e l’incontro di ieri costituisce un passo di avvicinamento che potrebbe portare dei frutti». Quali? «Come responsabile dei cattolici presenti in Arabia Saudita spero che si arrivi ad ottenere un po’ più di libertà per i nostri cristiani per quel che riguarda la pratica religiosa. Spero che un giorno si possa ritrovarsi per pregare senza correre rischi. Non mi aspetto certamente di poter subito costruire delle chiese, questo sarebbe chiedere troppo per ora. Ma almeno avere i nostri luoghi di preghiera e non vivere più nella paura». C’è qualche speranza che le cose cambino? «So che il re ha intenzione di andare in questa direzione, ma deve anche stare attento a causa della situazione molto tesa all’interno del Paese. Nonostante sia re, non è poi così libero neanche lui di far ciò che gli pare». Perché il comunicato del Vaticano non ha esplicitato le preoccupazione per i diritti umani e la libertà di religione? «La Santa Sede avrà avuto le sue ragioni per non ufficializzare la cosa, ma io suppongo che richieste di quel genere siano state fatte almeno nel colloquio con il Segretario di Stato mons. Bertone e il “ministro degli esteri” del Papa mons. Mamberti. Non riesco a immaginare che si sia taciuto su questi argomenti». Si sta assistendo a qualche miglioramento della situazione dei cristiani in Arabia Saudita? «Io posso solamente dire che non vi sono stati gravi incidenti da almeno un paio d’anni, almeno per quanto riguarda i fedeli cattolici. Parlerei di una situazione “passabile”, anche se è molto molto lontana dal quella ideale: ottenere cioè una vera libertà religiosa».

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