NON È UN CASO SE IL QATAR CALA L’ASSO PER CÉZANNE

MARC QUINN
Non è un caso se l’emiro del Qatar si sia preso la pena di spendere 250 milioni di dollari per “I giocatori di carte” di Paul Cézanne. Negli ultimi dieci anni, Hamad bin Khalifa Al Thani è stato l’emiro più ambizioso di tutto il Golfo Persico. Ha fatto di tutto per farsi notare sullo scacchiere internazionale. Dagli Asian Games del 2006 ai Mondiali di calcio del 2022, dal riconoscimento della libertà di culto (solo quella di culto, però) fino all’ostentato attivismo militare nella guerra in Libia. Credere che tutto d’un tratto Al Thani si sia appassionato dall’arte moderna perché intimamente affascinato dalle pennellate di Cézanne e Murakami è ingenuo. È politica innanzi tutto. Capito questo, poi, si può ricordare che non sempre la politica ha fatto male al mondo dell’arte (penso al Rinascimento, non all’assessore Finazzer Flory). In questo il collezionismo dei miliardari arabi, appare diverso da quello dei russi. Proprio perché il prestigio dal punto di vista culturale è utilizzato  in funzione politica e non (solo) per prestigio personale.

L’emiro del Qatar, tuttavia, non è l’unico a battere questa strada. Il più discreto emiro di Abu Dhabi (quello che ha salvato il cugino di Dubai dalla bancarotta…) già da qualche hanno si è aggiudicato un nuovo Museo Guggenheim e una dépendance del Louvre.

Ma le questioni che pone il rapporto tra emiri e arte occidentale (dell’800-900 e contemporanea) non sono di poco conto. Me ne sono accorto quando nel 2009 andai a dare un’occhiata ad Abu Dhabi Art Fair (qui il mio racconto per il Giornale del Popolo). In quell’anno, per la prima volta, la fiera aveva attratto le più importanti gallerie del mondo (Gagosian, White CubePace WildensteindHauser & WirthGmurzynska, Aquavella ecc. ecc.), e i galleristi si erano posti per la prima volta il problema di che cosa avessero voglia di comprare gli arabi. Quella volta si risposero: lusso, sfarzo, oro, diamanti (c’era quello di Jeff Koons offerto a 15 milioni di dollari)… Ma sotto il profilo culturale la sfida era ancora più intrigante. Perché? Perché per l’islam rappresentando figure umane o di altro genere, si rischia di peccare di idolatria. Così l’arte islamica doc si focalizza essenzialmente sulla calligrafia. Il punto di contatto tra occidente e mondo musulmano potrebbe essere quindi l’arte astratta (da qui l’approdo del Guggenheim con una collezione di quadri da sballo – li ho visti dall’Emirates Palace proprio nel 2009). Eppure i precetti islamici non sembrano essere in cima alle preoccupazioni degli emiri che, spesso in contrasto con una fetta influente di sudditi parecchio tradizionalisti, fanno un po’ come gli fa comodo.

Così, visto che le opere più celebri al mondo sono figurative, anche coi petroldollari del Golfo Persico spesso e volentieri si punta sui grandi classici. Ora occorrerà capire che ricadute dal punto di vista della cultura visiva avranno sul mondo arabo questi nuovi musei zeppi di opere squisitamente occidentali e “moderniste”.

Infine, per fare un po’ di ordine, vi metto in fila tutte e cinque le versioni dei giocatori di carte di Cézanne:

Paul Cézanne, The Card Players, 1890–92, Oil on canvas, 135 x 182 cm, The Barnes Foundation, London
Paul Cézanne, The Card Players, 1890–92, Oil on canvas, 135 x 182 cm The Barnes Foundation, London
Paul Cézanne, The Card Players, 1890–92, Oil on canvas, 65 x 82 cm, Metropolitan Museum, New York
Paul Cézanne, The Card Players, 1890–92, Oil on canvas, 65 x 82 cm Metropolitan Museum, New York
Paul Cézanne, The Card Players, 1892-93, Oil on canvas, 97 × 130 cm, Doha
Paul Cézanne, The Card Players, 1892-93, Oil on canvas, 97 × 130 cm Doha
Paul Cézanne, The Card Players, 1890-95, Oil on canvas, 47 x 57 cm, Musée d'Orsay, Paris
Paul Cézanne, The Card Players, 1890-95, Oil on canvas, 47 x 57 cm Musée d'Orsay, Paris
Paul Cézanne, The Card Players, 1892-96, Oil on canvas, 60 x 73 cm, The Courtauld Gallery, London
Paul Cézanne, The Card Players, 1892-96, Oil on canvas, 60 x 73 cm The Courtauld Gallery, London

 

 

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