PARIGI VAL BENE UNA MOSTRA

L’altro giorno l’amico Davide Dall’Ombra mi ha trascinato a Parigi per vedere una grande mostra. Si tratta della mostra su Mantegna curata da Giovanni Agosti per il Louvre. È un evento straordinario per diversi motivi, non ultimo il fatto che – cosa più unica che rara – il maggior museo francese ha chiesto a un italiano di curare una mostra del genere. Il fatto che quest’uomo si chiami Giovanni Agosti non è né un caso né un elemento estraneo al contenuto stesso dell’esposizione.

Arrivati alle 6 di mattina al gate 23 del Terminal 2 di Malpensa ho chiesto a Davide: “Ora che siamo qui, puoi anche spiegarmi perché stiamo andando a vedere questa mostra…”. Lui mi sorride e mi fa: “Da dove cominciare… Cominciamo dal 1961, l’anno di nascita di Giovanni Agosti…”. Davide, stretto nel suo cappotto scuro e avvolto da una spessa sciarpa di lana di un azzurro testoriano, racconta come si racconta un romanzo di cappa e spada: nomi, date, aneddoti, teorie di storia dell’arte. Volo Easy Jet scavalca le Alpi e scopro chi è Michel Laclotte: mitologico direttore Louvre che nel 1993, prima della pensione, fa la “sua” mostra che intitolerà “Il secolo di Tiziano”. Lì Agosti capisce una cosa: il mondo si divide in due, chi fa mostre di prosa e chi mostre di poesia. Quella di Laclotte era una mostra di poesia. E Agosti, le mostre, le vorrà fare di poesia.
Al Parigi Charles De Gaulle non ha ancora finito di raccontare, anzi, stiamo ancora dipanando il nodo della grande “Foppeide”, l’epopea che vide Giovanni allestire la mostra di Foppa a Brescia e pubblicare il catalogo della medesima un anno e mezzo dopo. Si racconta, dice Davide, che Agosti convocò a Brescia il pittore Giovanni Frangi d’urgenza: bisogna scegliere il grigio con cui dipingere le pareti della mostra. Doveva essere il grigio giusto, perché era proprio sul grigio lombardo che si giocava tutta la partita della mostra su Foppa. Agosti presenta a Frangi quattro diversi “grigi” con differenti tonalità di viola. Frangi, racconta sempre la leggenda, rispose: “Ma Giovanni, io non vedo la differenza…”.
Il treno per la Gar du Nord attraversa le banlieue sotto un cielo plumbeo e Davide racconta di come Feltrinelli dà carta bianca ad Agosti per il suo grande libro su Mantegna. Il libro esce a fine 2005, da tutta Europa arrivano elogi. Vendite importanti. Un libro così su Mantegna nessuno lo ha mai scritto. Ma il 2006 è l’anno del cinquecentenario e in Italia si allestiscono tre mostre sul grande artista: tutte e tre affidate al Nemico. Vittorio Sgarbi. Giovanni se lo sarà detto tra sé: il mondo va al contrario. Ma nel 2008 il grande colpo. In primavera arriva una telefonata dal Louvre: abbiamo scelto te, ad ottobre vogliamo il tuo Mantegna. Esita, c’è poco tempo, poi accetta. Così va in scena il Mantenga al Louvre.
Per Agosti fare una mostra su Mantegna è come fare una mostra su se stesso. “Quel che vedi di Mantegna – dice Davide – è una scorza dura, immobile, ma sotto ribolle un vulcano”. Così è Giovanni Agosti, uno che venera la Verità e – dice – figli della Verità sono l’Ordine e la Cronologia. Non si scappa. Così per i libri: l’ossessione per le note, la precisione, le virgole, gli spazi, le immagini stampate come vanno stampate. Così per le mostre. La ricerca di una perfezione apparentemente statica, rocciosa, incisa nel diamante, ma che contiene materiale esplosivo. Lì pronto a detonare. Come Mantegna, appunto.

Questo è il retroscena, la mostra godetevela voi. È al Louvre fino al 5 gennaio 2009.

Ps: qui c’è un articolo di presentazione dello stesso Agosti.
Ps2: qui, qui e qui ci sono tre spilli di Giuseppe Frangi sulla mostra.

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