I nove anni trascorsi dal nostro ultimo incontro hanno reso più evidente il paradosso: Roberto D’Agostino, 62 anni a luglio, non ha affatto bisogno di spiare.Gli basta guardare. È uno dei pochi giornalisti d’Italia a poterlo fare dall’alto dei cieli, quasi dal paradiso. Sarà per questo che sulla prima rampa di scale della nuova casa-redazione ti accoglie un gigantesco crocifisso di Damien Hirst, un’opera intitolata The Wounds of Christ (Le piaghe di Cristo), formata da foto autoptiche di un uomo con mani e piedi bucati, costato trafitto, ferite lacero-contuse sul capo. E dev’essere sempre per questo che la camera degli ospiti è stata sostituita da una cappellina privata, con tanto di altare dello stesso Hirst, sul quale la scienza, nuova religione del mondo, celebra la propria fede nell’immortalità attraverso le medicine incastonate nella croce. «L’artista inglese ha notato che l’aspirina è ricalcata sull’ostia: la prima ti salva il corpo, la seconda l’anima. A te la scelta» si concede all’esegesi.
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Questa casa trabocca di spirito religioso: croci ovunque.
Ho la fissa del crocifisso. Ha visto quello al piano di sotto del fotografo Andrés Serrano? È d’oro ed è immerso in un encefalo inondato di sangue. Sta a significare che dopo 2 mila anni il sacrificio di Cristo è nel nostro cervello, dentro le nostre cellule, fa parte di noi, al di là di qualsiasi credo religioso.
Ho appreso dal sito che se l’è fatto tatuare persino sulla schiena.
Un ex voto. Quattro anni fa ho subito un brutto intervento chirurgico per una broncopolmonite trascurata. I polmoni si sono riempiti di pus. I medici mi hanno salvato in extremis con una decorticazione pleurica. Siccome non volevo andare a piedi fino al santuario del Divino Amore, mi sono fatto incidere nelle carni la croce, Gesù, la Madonna e un teschio sorridente. Con la scritta «Zeige Deine Wunde» che copre la cicatrice provocata dal bisturi.
Non conosco il tedesco.
Significa: “Mostrami la tua ferita”. Però sulla pelle è inciso “Dei.ne”, col punto, e a “Wunde” è stata aggiunta una erre. Quindi si legge: “Mostrami o Signore il tuo miracolo”. Quello compiuto su di me. Mancano ancora due occhi avvolti da filo spinato e poi il tatuaggio sarà completo”.
Dall’intervista di Stefano Lorenzetto a Roberto D’Agostino, Panorama