Una volta, da bambina, inseguivo un branco di oche. Quando raggiunsi una spiaggia di sabbia, sulla riva del fiume, prima di attraversare un campo punteggiato di fiori selvatici, iniziai a disegnare con un bastone sulla sabbia fiori reali e immaginari… Più tardi, decisi di dipingere i muri della mia casa usando pigmenti naturali. Dopo di ché non ho più smesso di disegnare e dipingere
Maria Primachenko
Aleksey, un amico ucraino, mi ha fatto conoscere una pittrice straordinaria che non conoscevo. Si chiama Maria Primachenko e in questi giorni il Mystetskyj Arsenal, a Kiev, le dedica una grande retrospettiva con 300 opere.
Maria è nata nel 1908 in una famiglia contadina del villaggio di Ivankiv Raion, a 30 chilometri da Chernobyl. Era malata di poliomelite e durante la Seconda guerra mondiale perse il marito e un figlio. Attraversò la carestia degli anni 30, il famigerato Holodomor, prodotto dalle politiche di Stalin nel quale morirono milioni di ucraini.
Mentre accadeva tutto questo Maria dipinse quadri meravigliosi, dalle figure oniriche e dai colori intensi, un trionfo di fantasia e gioia di vivere. Pur rappresentando l’opposto logico del realismo socialista, e costruendo il proprio alfabeto visivo sulla tradizione popolare, il regime non le mise mai i bastoni tra le ruote.
Ebbe molto successo già in vita e le sue opere furono esposte in tutta l’Unione Sovietica e anche all’estero. Si dice che Pablo Picasso, dopo aver visitato una sua mostra a Parigi, disse: «Mi inchino di fronte al miracolo artistico di questa brillante artista ucraina».
Oggi queste immagini restituiscono un senso di incredibile contemporaneità. Sembrano disegnate ieri da un’illustratore di New York (o di Milano), mentre alcune sono state realizzate nella metà degli anni Trenta.