L’OMBRA DEL RIGORE. SGARBI FA CONFUSIONE SULL’ARTE SACRA

Oleg Supereco cupola noto
Oleg Supereco, affreschi della cupola della Cattedrale di Noto, particolare, 2010

Ho letto il libro di Vittorio Sgarbi L’ombra del divino nell’arte contemporanea (2011, Cantagalli). È un libro per certi versi interessante. Non privo di spunti. Ha alcune pagine molto belle. Tuttavia lo sconsiglio vivamente a chi volesse chiarirsi le idee sull’arte sacra contemporanea. Il saggio di Sgarbi nasce presentazione dell’esperienza di ricostruzione della cattedrale di Noto. Il critico cerca di contestualizzare il problema (che è un grosso problema aperto) del rapporto tra Chiesa e arte contemporanea o, se volete, tra arte contemporanea e sacro (due problemi diversi, ma nel libro non si va troppo per il sottile).

Sgarbi segnala come esito più alto di arte sacra contemporanea la Rothko Chapel a Huston. Scrive Sgarbi: “Il trittico, collocato nello spazione geometrico di Renzo Piano, è il coronamento di un’idea consentanea di pura essenza tra pittore e architetto. Alla radice va detto che l’esperienza mistica implicita risiede nell’intuizione geometrica dello spazio, il cui risultato probabilmente persuaderebbe anche papa Ratzinger, in quanto quel blocco di cemento non umilia la dimensione sacra, ma nella sua spaziatura essenziale esalta l’idea di Dio”.

E poco dopo aggiunge un’affermazione molto forte: “Del resto, l’arte sacra in senso antropomorfico è finita. Non si può pensare che abbia una resistenza nella rappresentazione di immagini riconoscibili”.

Due osservazioni:

1) Sul fatto che la Rothko Chapel sia un capolavoro c’è poco da discutere. Ma l’affermazione di Sgarbi sarebbe stata più credibile se non l’avesse attribuita a Renzo Piano. Piano nel 1971 aveva 34 anni e non aveva firmato ancora nessun progetto. 

2) Se è vero che “l’arte sacra in senso antropomorfico è finita”, perché decidere di ricostruire la cattedrale di Noto tale e quale e decorarla con arte figurativa anacronistica (anacronistica è l’aggettivo usato da Sgarbi)?

Sgarbi introduce li concetto di “ombra del divino” per definire l’arte sacra contemporanea. “Nel contemporaneo – scrive Sgarbi – per chi quelle forme voglia riprodurre (le forte dell’arte rinascimentale, ndr), o ripercorrere, o mimare, l’esito è produrre un’ombra. L’ombra non vuol dire qualcosa che non ha la sua piena forma, bensì qualcosa in cui si percepisce ciò che è stato, sentendo che il prodotto creativo oggi realizzato non è una copia, ma è l’ombra di quella forma“. Un concetto interessante ma un po’ confuso, a dire il vero. Che fa a pugni con la sua esaltazione dell’arte astratta di Rothko.

Per chi volesse avvicinarsi a questo tema (e vuole provare la vertigine che esso produce in chi lo affronta in modo serio) consiglio il ben più rigoroso testo di Marie-Alain Couturier Un’avventura per l’arte sacra curato da Maria Antonietta Crippa per Jaca Book. Qui c’è un brano pubblicato recentemente da Avvenire, che potrebbe essere preso come manifesto.

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