MARK ROTHKO 4SEASONS RESTAURANT=POMPEI+MICHELANGELO

Jonathan Jones racconta una storia che non sapevo e che trovo davvero intrigante. È la storia che vedete qui sopra e che lega inaspettatamente una delle opere più importanti del Novecento, il ciclo per il Four Seasons di New York di Mark Rothko, con i dipinti della Villa dei Misteri di Pompei e il vestibolo della Bibblioteca Laurenziana di Firenze di Michelangelo. Il critico del Guardian lo racconta in modo più elegante e convincente, ma permettetemi lo stesso di sintetizzare la vicenda. Mark Rothko era un fan de “La nascita della tragedia” in cui Friedrich Nietzsche spiega che il teatro greco ha avuto origine dai riti dionisiaci. Mentre stava pensando al ciclo di quadri che sarebbe dovuto servire per le pareti dell’elegante ristorante del Seagram Building di Manhattan, Rothko fa un viaggio in Italia e si reca a Pompei e in particolare visita la Villa dei Misteri famosa per i suoi affreschi raffiguranti proprio dei riti dionisiaci. I rossi e i neri di quegli affreschi, probabilmente, sono quelli che ritroviamo nei quadri del ciclo ora conservato alla Tate Modern.  L’altra visita di cui Rothko parla è quella alla Biblioteca laurenziana. Jones dice che Rothko fu impressionato, in particolare, dalle finestre cieche del vestibolo della bibblioteca (uno dei grandi capolavori di Michelangelo). Finestre che, anziché portare luce, bloccano la curiosità del visitatore. La sala della Tate con i quadri di Rothko – dice sempre Jones – è come se riproducesse l’effetto claustrofobico e disorientante del vestibolo bicromatico di Michelangelo. L’ultima osservazione di Jones è forse la più interessante: nell’ultima fase della sua vita il pittore americano sembra interessato soprattutto a creare degli spazi con la pittura ed è soprattutto nella Rohtko Chappel di Huston che si ritrovano echi ancora più evidenti del Michelangelo architetto.

2 pensieri riguardo “MARK ROTHKO 4SEASONS RESTAURANT=POMPEI+MICHELANGELO

  1. Hei, che ne dici di iniziare una “serie” così?
    Aprirebbe la mente…aiuterebbe a collegare le cose…uno dei pochi segni sicuri di intelligenza.
    A caccia d’indizi, dunque!

    La butto lì: Mastrovito e Kapoor. Forme diverse, materiali diversi, genesi diversa dell’opera, diversa cultura di fondo, diverso punto del percorso artistico, diversa generazione…
    Guardare però: “120578” e “Shooting into the corner”, che parlano entrambe della nascita.
    Curioso che abbiano scelto entrambi la stessa immagine/oggetto, un cannone (disegnato e animato nel primo caso e frtemente “scultoreo” nell’altro) e lo stesso tipo di azione lo “sparo che lascia il segno” (sul soffitto o sul muro), o no?

  2. Brava Rada, non ci avevo pensato, malgrado la non dimenticabile visita alla Royal Academy.

    Impressiona come un artista delicato ma anche animalesco, figlio di una generazione come la nostra e ultrà dell’Atalanta, usi una “non materia” delicata e poetica, mentre un indiano spiritualista ci ammazzi di cera-carne…
    C’entrerà con il nostro esser figli della televisione e di internet?… Non saprei

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